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 "LIMPIDI RICORDI"
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michelenat
Utente Normale


Inserito il - 21 marzo 2012 : 13:47:57  Link diretto a questa discussione  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di michelenat Invia a michelenat un Messaggio Privato Aggiungi michelenat alla lista amici


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LA CUMMIEDIA DI MIALU
Negli anni 40 e 50, nella ricorrenza della festa locale della Madonna del Rosario, i giovani limpidesi organizzavano, così…. alla buona…..con i mezzi a disposizione dell’epoca, pochi per la verità, degli spettacoli teatrali: preparavano “la cummiedia” . Era un avvenimento importante ed apprezzato da tutti. La festa non poteva concludersi che con la recita nella piccola piazza . Non di rado le commedie preparate erano due. Una veniva organizzata da giovani di un certo livello , di cui facevano parte i figli di possidenti terrieri e qualche studente, l’altra da quelli che possedevano poco o nulla “li jornatari”, e come tali considerati “poveracci” Tra gli attori dell’uno e dell’altro gruppo si determinava una forma di rivalità e gli “sfottò” e le prese in giro erano all’ordine del giorno. Calcare il palcoscenico era una un avvenimento importante e tutti agognavano di poterlo fare. Ai giovani più aggraziati venivano assegnati i ruoli femminili. Le ragazze non vi partecipavano. Per loro era impossibile finanche pensarlo. Nessun genitore avrebbe permesso alla propria figlia di recitare il ruolo di moglie o di ragazza innamorata. E quando si sarebbe sposata!...... D’altronde l’ambiente e i tempi erano quelli…..
Organizzare un gruppo “filodrammatico” non era cosa di poco conto. La prima difficoltà consisteva nel reperire lo scritto. Le fonti che fornivano i libretti erano due: un anziano signore di Arena ed un altro di Melicuccà. Si andava da costoro e si chiedeva in prestito il componimento teatrale. I due non è che ne avessero molti , dopo un breve conciliabolo fondamentalmente sul tema che si voleva rappresentare, conformemente alla disponibilità del momento consegnavano il testo, con vive raccomandazioni di restituirlo a festa conclusa . A questo punto iniziava la frenetica fase organizzativa : lettura delle parti e scelta dei ruoli da interpretare….. Quest’ultima incombenza rappresentava lo scoglio massimo da superare: non di rado questa operazione determinava malumori e scontenti e più di qualcuno per ripicca abbandonava la compagnia. Tutti desideravano, come è ovvio, il ruolo di primo attore, quello più importante, indipendentemente dalle difficoltà letterarie previste dal copione . Va ricordato che in quegli anni venivano recitati drammi di un certo spessore: Shakespeare e Pirandello erano i preferiti.
Quando i ruoli venivano finalmente assegnati ed accettati si reperiva “lu basso” e qui per più di tre mesi si effettuavano prove e controprove tutte le sere.
Nel paese l ‘avvenimento trovava immediata risonanza e si determinava come di consueto una irresistibile curiosità : -La cummiedia…. La cummiedia…. stannu preparandu la cummiedia…. Cu sape chist’annu cu sugnu”? AAAhhh!… Dinnu ca c’è puru lu fighjiu di Mastru Cicciu? Allora si… La festa cade cu la fijunda …Chiju è pruoprio bravo, è nu commedianti natu. Quandu parla di spingulija lu sangu-
I genitori dei prescelti i si sentivano molto orgogliosi e non c’era dialogo quotidiano in piazza che alla fine , di riffa o di raffa, non andava a finire sull’avvenimento teatrale e sul povero figlio che la notte non chiudeva occhio per imparare la parte. Avere un familiare impegnato nella commedia era un onore e spesso quell’atmosfera di importanza e di esaltazione paesana si impossessava dei giovani al punto da farli sembrare superbi e arroganti.
Si racconta che a Melicuccà, proprio in virtù di questi atteggiamenti , due ore prima della recita , mentre tutto era in fermento per preparare gli ultimi accorgimenti: costumi , scene e piattaforma di tavole tutto andò in fumo, con grande disappunto della popolazione, per la presa di posizione di alcuni giovani commedianti. Pare che nel corso della recita necessitasse una ricotta per darla da mangiare ad un ragazzo che impersonava il ruolo di un affamato. E qui si pose il dilemma. Il regista sollecitava : - La ricotta…. La ricotta….Mi raccomando non vi dimenticate di portate una ricotta?.....
I partecipanti con aria interrogativa rispondevano: - Come sarebbe a dire portate una ricotta!…. che sono domande da fare?….. La dovrà portare Piatru. Se la mangia lui no?......E’ lui che deve andare a casa e prenderne una-
Quest’ultimo di rimando obiettava:
-si…. è giusto quello che dite ma …. a parte il fatto che a me le ricotte non piacciono, tutti sapete che a casa mia non le facciamo , noi non abbiamo la “mandra” e non produciamo latte, mentre a casa vostra tutte le mattine se ne preparano tante. Che vi costa?... andate e prendetene una fetta -
-Quanto sei bravo!…. Noi dovremmo portare la ricotta per farla mangiare a te…. Ma non se parla nemmeno. Sei tu che te la devi andare a procurare. .
E come avviene in queste circostanze, parola tu, parola io, a prendere il sopravvento è sempre la stupidità e così tutto andò a sfociare in una grande baraonda e la tanto preparata e studiata “cummiedia” andò a farsi friggere. Rimase il detto: “non si ficia la cummiedia pe una ricotta”.
Non parliamo poi degli sfottò che proliferavano nei paesi viciniori.
C’era una frase tanto cara agli acquaresi che era diventata un autentico tormentone. Appena vedevano uno di Limpidi , forse sofferenti e invidiosi per il successo che le commedie suscitavano, usando un dialetto sdolcinato e a mo di cantilena, parodiavano la scena di due duellanti che armati di lunghe spade cercavano di sopraffarsi, sostituendo le parole originali con la frase seguente : “la punti è guzza, la manu mi trema, tu pe lu patitiernu, cadi o ti Jettu?- (la punta è acuta, la mano mi trema, tu per il Padreterno, cadi o ti butto?).
Poi c’erano tutta una serie di episodi e di avvenimenti, che si raccontavano , colorati di una comicità tutta paesana, per farsi quattro risate : Filippo, doveva entrare in scena con una bottiglia e due bicchierini e dire: “…. e adesso beviamoci un bicchierino di porto”.
Dov’è la difficoltà?.... E’ così semplice…… - Mi raccomando , non sbagliare - diceva il “regista” -Devi soltanto dire “… e adesso beviamoci un bicchierino di porto….”
Filippo entra in scena e assumendo l’atteggiamento dell’attore consumato rivolgendosi al suo interlocutore , con voce ferma e gesticolando come un prestigiatore : “…e adesso beviamoci un birichino di porto….” Per il pubblico sentire birichino al posto di bicchierino è cosa di poco conto, che ne sa …. Il dialogo potrebbe essere proprio così…...ma non lo è per chi conosce il susseguirsi delle parole una dopo l’altra . Salvatore che stava per allungare la mano per prendere il bicchierino sbottò in una fragorosa risata e non riuscendo a trattenere i sussulti, con gli occhi fuori dalle orbite si andò a nascondere dietro una quinta.
Filippo, ormai padrone assoluto della scena, non riuscendo a capire perché Salvatore era scappato via, guardava a destra e manca con aria interrogativa per capire cosa fare. Il “suggeritore” resosi conto che tutto stava andando a scatafascio , con voce forzata per non farsi sentire dal pubblico bisbigliava : -non stare impalato come un salame,, …. Parla… dici qualcosa- e Filippo di rimando convinto che gli si stesse suggerendo la parte:
- -non stare impalato come un salame, , …. Parla… dici qualcosa-
A questo punto anche il “suggeritore” , non riuscì a trattenersi dal ridere ed il grande attore resosi conto che tutti ridevano facendogli ampi i cenni, pensò bene di mettersi a ridere pure lui. Ma il suo ridere recitativo non era naturale, era un ululato così sguaiato da suscitare non solo l’ilarità del pubblico, convinto che tutto stesse procedendo secondo copione, ma di tutti i personaggi nascosti dietro il fondale. C’è voluto il sangue freddo di Salvatore che rientrando in scena con le lacrime agli occhi e sforzandosi di non guardare in faccia Filippo, disse: “ Grazie….come vedi….il tuo porto birichino mi ha reso di buonumore , sicuramente mi aiuterà ancora di più , quando ne avremo bevuto un buon bicchierino….”
A quanti poi chiedevano a Filippo perché avesse ripetute le parole del “suggeritore” lui, a sua discolpa, rispondeva: - Mi ha parlato in italiano. Perché mi ha parlato in italiano?... Poteva parlarmi in dialetto e io avrei capito-.
Un altro episodio che faceva ridere i limpidesi vedeva come protagonista Vito. Quell’anno si rappresentava una commedia il cui tema riguardava la pirateria. Vito per l’appunto vestito da pirata,con una grossa bandana sulla testa e l’occhio destro tappato da una larga fascia nera, scalzo e a petto nudo doveva entrare in scena di corsa con la sciabola sguainata gridando “all’arrembaggio, all’arrembaggio”. Lui viceversa entra come una furia gridando: “all’enberraggio, all’enberragio” e nella foga di correre , quasi accecato dalla fascia che gli copriva gli occhi , “attruoppicau” violentemente su una tavola che sporgeva sul pavimento sradicandosi totalmente l’unghia dell’alluce destro.
Il dolore lancinante lo fece saltare su una gamba per cinque minuti e quando zoppicando uscì fuori dalla scena c’è voluto un pacco di cotone per tamponare il sangue che fuorusciva copiosamente
Ma l’avvenimento più curioso che per anni tenne banco a Limpidi e nel mandamento , lo determinò Mialu.
Era un bravo ragazzo, umile e servizievole anche se un po’ “scansafatiche” e tutte le sere puntualmente, dopo cena, presenziava alle prove.
A lui venivano affidati i compiti da “ ragazzo di bottega” : pulire “lu bassu”, andare a reperire qualche sedia, fare qualche “Mbasciata” e così via.
Quell’anno mancavano ormai una decina di giorni alla rappresentazione finale ed il regista era alla ricerca di comparse per completare il quadro di tutte le scene . Ne necessitavano due per portare una lettiga. Tre che dovevano entrare vestiti da soldati…. E così via. Tra l’altro si rese conto che mancava un ultimo personaggio che non doveva fare soltanto la muta comparsa, ma doveva dire qualche battuta. Una particina che si concludeva in pochi secondi. La scelta cadde su Mialu . Era lì… disponibile, che bisogno c’era di andare a contattare altri giovani. Mialu quando si accorse di essere stato il prescelto, non stava nella pelle. Il fatto di sentirsi parte integrante del gruppo era per lui un sogno irraggiungibile che si avverava. La notte non riuscì a chiudere occhio e sveglio lo trovò il padre quando all’alba lo andò a chiamare per avviare la giornata nei campi. Alla notizia che doveva recitare nella “cummiedia” il genitore quasi non ci credeva.
-Come?….. Ti fanno recitare?….. e che parte fai?.....-
- la parte me la darà oggi il “suggeritore”. Mi ha soltanto detto che è parte importantissima e fondamentale. Mi ha detto che debbo studiare bene-
Il padre e i fratelli, che nel frattempo si erano svegliati, si guardavano con aria interrogativa
.-Ma se devi imparare la parte non puoi venire a lavorare, manca così poco alla festa della Madonna. Rimani a casa e mi raccomando studia la parte, Devi farci fare bella figura.-
-Certamente….State tranquilli… Andate….Andate….Io resto a studiare-
Figuratevi se Ciccantuani (questo era il nome del padre) voleva perdere l’occasione per vantarsi e pavoneggiarsi con i compaesani.
Lungo i viottoli e le stradine di campagna ad ogni compaesano che incontrava subito comunicava la novità :
-oggi a lavorare saremo in tre, Mialu è rimasto a casa. Deve studiare la parte della “cummiedia”.
I compaesani si compiacevano e si dichiaravano pronti e curiosi di vedere “Mieliciju” nella nuova veste di attore.
I pochi giorni volarono in un baleno ed arrivò il giorno del grande debutto. Ciccantuani non si dava pace. Si alzò di buon mattino per dare una mano nell’allestimento del palco. Girò tutto il paese per reperire travi, tavole, chiodi trasportando sulle spalle i carichi più pesanti. Con i compaesani che incontrava nelle anguste strade del paese, non faceva altro che parlare del ruolo importante e fondamentale che doveva interpretare il figlio.
-Poveru figghjiu è na settimana che sta studiandu jornu e notte –
-Ma chi parti face?.....
-Chi voliti mu vi dicu…. Veramente no lu sacciu. Sacciu sulumente ca è parti importantissima e fondamentali…-
A mezzogiorno a tavola, mentre i familiari stavano ancora gustando il pranzo festivo, li invitò perentoriamente ad alzarsi ed ai ritardatari sfilò, quasi di sotto, le sedie sulle quali stavano seduti ed in un baleno le portò in piazza. Le legò con lo spago perché restassero unite e le collocò a meno di mezzo metro dalla piattaforma teatrale. Dovevano essere in prima fila. Gli amici lo prendevano in giro e lo sollecitavano di rimanere lì per fare la guardia ed evitare che qualcuno glieli spostasse in seconda fila. Ciccantuani stringeva i pugni e rispondeva : -che ci provino, e vedrete dove le farò volare-
Si sentiva talmente eccitato al punto da confessare che nemmeno il giorno del matrimonio si era sentito così emozionato. Tutto il pomeriggio lo passò sulla piazza seduto sulle sue sedie e quando si sparse la voce che necessitavano delle coperte per chiudere i lati del palcoscenico, corse a casa disfece i letti e tirò fuori le pesanti trapunte caricandosele sulle spalle.
All’imbrunire andò nella vicina bottega di Mastru Nandu e comprò un chilo di confetti. Era usanza lanciarli sul palco per sottolineare la bravura di un determinato personaggio.
Quella sera a casa di Ciccantuoni si cenò stando in piedi. D’altronde dove potevano sedersi!…. le sedie erano in piazza…..
Pretendeva che la moglie portasse anche un mazzo di fiori da offrirli a Mialu alla fine della recita e non voleva sentirsi dire che nel mese di ottobre non sbocciano fiori. Si arrese quando vide la moglie con dei crisantemi in mano: - e che andiamo al camposanto?.... Butta quella porcheria…-
L’ora fatidica stava per scoccare. La piccola piazza brulicava di gente. Ciccantuani seduto in prima fila con i confetti sulle ginocchia aspettava l’apertura del sipario. Rispondeva con spintoni ai figli che seduti al suo fianco, gli chiedevano un dolcetto da succhiare nell’attesa. Finalmente il sipario calò e la recita ebbe inizio.
Bella!…. Veramente una bella commedia!….
Belle le scene!…. Bravi gli interpreti!…
In un baleno finì il primo tempo . I compaesani avvicinandosi a Ciccantuani gli chiedevano:
-Ma Mialu quandu nesce?....-
-Non aviti prescia , nesce, nesce… e mi raccomandu sbattiti li mani, lu cotraru va incoraggiato- Rispondeva Ciccantuoni.
Ed in men che non si dica terminò pure il secondo atto tra applausi e lanci di confetti. Ma di Mialu nemmeno l’ombra. Ciccantuani era in preda ad una trepidazione incredibile. Si sforzava di non guardare i compaesani per evitare i risolini significativi e guai a rivolgergli la benché minima domanda.
Terzo ed ultimo atto. Si era fatta quasi mezzanotte.
Ormai mancavano poche battute alla conclusione della recita. Il protagonista in ginocchio con voce flebile, nel silenzio più assoluto, declamava:
- la mia vita !… A che serve la mia vita!…. Meglio farla finita!… meglio morire!… un palo!…. Datemi un palo dove io possa impiccarmi. (Alzandosi e con voce sempre più ferma) Un palo ho detto!…. Datemi un palo dove io possa impiccarmi.-
Dal fondo della scena sbuca Mialu con una trave sulle spalle e ponendosi al centro della scena con voce possente : - Ecco il palo…..-
Un urlo si levò dalla folla…. ( qualcuno disse che si è sentito addirittura dalla Carcara) Ciccantuani con la bava alla bocca gridava come un ossesso : “azzippatillu nta lu culu”.






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Inserito il - 21 marzo 2012 : 18:23:03  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di Admin Invia a Admin un Messaggio Privato Aggiungi Admin alla lista amici
Complimenti Michelangelo, le tue novelle sono sempre belle e gradite.





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michelenat
Utente Normale


Inserito il - 21 marzo 2012 : 20:06:38  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di michelenat Invia a michelenat un Messaggio Privato Aggiungi michelenat alla lista amici
Grazie Domenico,
sei veramente squisito. Caffè pagato.






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