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goricapano
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Inserito il - 29 marzo 2017 : 13:03:11
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toc..toc....c'è nessuno saluti e felicità a tutti quanti..popolu di naviganti
Mi chiangi u cori ogni vota chi trasu e trovu u desertu...ero affezionato a questo sito...dice ma c'è facebook..no, ho scelto di non esserci..di non essere merce della pubblicità..però è un periodo che mi piace scrivere..qualcuna l'ho messa qui, "il primo litruzzu non si scorda mai", altre sono le mie"fesserie"..vorrei condividerle..molte sono in dialetto..la mia prima lingua ne metto una..vediamo che succede
Mentu- testa
Fortuna mia amata ti ringraziu, tu voggjiu diri cu stu comiziu. T'attaccasti a mia comu a na cozza, comu la fica faci cu lu cazzu.
Eru spenzeratu nta la bara, azati non è chista la to ura. Nu gran puntatuni mi jettasti, e finu a milanu mi spedisti.
Mi fici gabbu e nci ncappai, u dittu antichu non sbaggjia mai.
Parrami, dimmi quando su li tempi di salutari amici e parenti, Anchi se ncunu fici lu serpenti, sputau velenu a cui lu portau avanti.
Cui chi figgjioli voli mi si menti, addaviri la pacenza di li santi.
Li mei amici, pochi e chjini i nguacchji, comu li denti mbucca a certi vecchji. Bonu cavajiu lunga cursa piggjia, si no esti sulu n'asinu chi raggjia.
Di l'amici mi guarda dio, ca ai nemuni nci pensu io.
Pe tutta a vita ti sfidai o sorti, pensando d’aviri in manu boni carti, tu comu n’umbra mi seguisti, pe cimi di capiji sempi mi piggjiasti.
Cu toi mantu mi avvolgisti, li porti da galera mi spalancasti, mi ritrovai senza parti, ma chijia vita non è arti.
Simu pe tia tutti nta lista, puru si non c’è l'ordini da posta E si a menzu caminu poi mi dassi, cu veni arredi mi cunta i passi.
Chistu è nu puandu chi avimu a fari, diceva Mmaculata, non ci pensari. Speriamo mi è curta e netta ripetia Biccherinu quando catta.
Comparami quando su chjinu i vinu e fa ca non arrivisci lu matinu. Insomma tu li sai li me gusti, vorrai fari la morti di li giusti.
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Modificato da - goricapano in Data 31 marzo 2017 10:54:02
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Inserito il - 29 marzo 2017 : 18:23:42
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Ciao Gori, siamo tutti in facebook come hai detto bene; se hai voglia di scrivere, in fb puoi avere tanti interlocutori. Questo è solo una piccola nicchia di web.
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goricapano
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Inserito il - 30 marzo 2017 : 09:36:53
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ciao Mimmo..ho capito xchè non scrive nessuno..li hai terrorizzati, se uno fa un errore ha 180 minuti x correggerlo..altrimenti basta..rimane a vita..invece facebook è più permissivo
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Inserito il - 30 marzo 2017 : 22:41:32
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Ho tolto il vincolo (provvisoriamente) - per non dar troppi meriti a fb
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goricapano
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Inserito il - 31 marzo 2017 : 11:01:26
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bravo Mimmo..ho corretto l'errore..allora ti metto un'altra storiella che spiega la frase: eru spenzeratu nta bara..fra l'altro una delle protagoniste era a zia Giannina prova a sentire se ha questo ricordo IL GALLO
Mia madre mi ha spesso raccontato che io ho tutto il suo sangue, sangue latinno, in virtù di una trasfusione che mi è stata praticata all'età di 9 mesi, non ricordo nulla ovviamente, ma, tuttora ne porto il segno. E' successo che in quell’epoca, siamo nel '56, la mortalità infantile era altissima, si moriva per malattie che oggi si curano tranquillamente con una pillola; insomma ero sul punto di morte anzi avevano già allestito la piccola bara, il dottore aveva detto che non c'era più niente da fare, ero spacciato, avevo il sangue infetto, e quasi per consolare Mia Madre, Inzitari, questo il suo nome, le dice che si poteva tentare una trasfusione, ma le probabilità di sopravvivenza erano ridotte al lumicino, che non ne valeva la pena di tentare, insomma ero più di là che di qua. Mia madre, cuore generoso, non si è arresa, ed ha voluto tentare comunque,nonostante il dottore continuava a sconsigliarla, e così si è proceduto alla trasfusione. Dopo, il dottore Le dice che se riuscivo a superare le 36 - 48 ore c'era qualche possibilità di sopravvivenza, ma conveniva comunque preparare la bara. Nella casa del dottore, cominciano a passare le prime ore, i parenti s’alternavano, le notizie si bisbigliavano, fra alternarsi di pianti, disperazione e qualche parola di speranza; fatto sta che respirando a fatica, riesco a passare il periodo critico, comincio, molto lentamente, a dare segni di rinvenimento…insomma sono ancora qui a raccontarla.
Passati alcuni giorni e ormai invertita la tendenza della morte con la vita, i Miei, per ringraziare il Dottore per la riuscita dell’operazione, decidono di fargli il regalo.”Sdebitarsi” col dottori poi... Avevano in campagna un piccolo allevamento di pollame…dove ci sono galline i galli non mancano... uno in particolare... era maestoso adatto all'occasione.
Mi raccontava mia Madre che aveva un modo di fare il chichirichì davvero superbo, maestoso, così, dopo molte discussioni se dovevano portarlo vivo oppure morto, optano per portarlo vivo, è più gradito pensano, e così la mattina successiva al ritorno dalla campagna, dimessi gli abiti e indossati quelli della domenica, s’incamminano verso la casa del dottore con il gallo in mano; iI dottore era occupato con altri pazienti, ma saputo di che si trattava dalla servente, è sceso, e chiedendo notizie del “redivivo” ha fatto lasciare il gallo alla donna di servizio; ringraziato ancora per quanto aveva fatto per me, i Miei se ne ritornano a casa soddisfatti. Nel pollaio le galline certamente sentivano la mancanza del "capo" di quel suo canto altisonante, ma come si fa a spiegare loro che era stato sacrificato per una causa nobile!??
La sera mentre si accingevano a cenare, mia madre sente un rumore provenire dalle scale e allarmata, chiama mio padre, pensando a qualche intruso, così piano ed in silenzio, scendono insieme nel “catuajiu” una specie di ripostiglio dove c’era di tutto, dal vino alle olive, alla legna, finanche le galline, ciascuno nel proprio spazio, accendono la luce e….con grande sorpresa vedono lì in mezzo un intruso... ma con fare famigliare.... Era il GALLO!!! , il "loro" gallo, bello, maestoso, sembrava il ritorno del guerriero. Come mai è ancora qui? Si chiedono preoccupati, come sarà arrivato? chi l’ ha portato? e soprattutto, adesso che fare? Riportarlo indietro è stato il loro primo pensiero, il dottore lo meritava, anche se in tutta onestà, non aveva certo bisogno del loro gallo, onesti come erano fino all'inverosimile; poi mia madre da buona pragmatica e fatalista, dice che se era tornato, era segno che il destino aveva deciso così, e che quindi doveva rimanere lì, ma nessuno lo doveva vedere, per non sembrare uno sgarbo nei confronti del Dottore, quindi la sofferta decisione: lo si teneva lì ancora per quella notte essendo ormai tardi, ma all'indomani, alle prime luci dell’alba al maestoso gallo si sarebbe fatta la festa. Questo episodio, raccontatomi spesso nel corso degli anni, mi ha sempre fatto pensare di essere fortunato e di avere la sensazione di poter/dover vivere a lungo; mi dico sempre, se dovevo morire presto, quale meglio occasione di quella? c'era già la bara pronta.
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Modificato da - goricapano in data 31 marzo 2017 11:09:08 |
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goricapano
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Inserito il - 06 aprile 2017 : 17:05:48
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Immagine da: http://musei.gr/il-mulino/
CRISTINA
Cristina era una mia coetanea, eravamo piccoli entrambi, penso che corresse l'anno 1963/64/65. Lei era di famiglia molto numerosa, credo che fosse la decima di tredici figli. Erano tempi, quelli, in cui ai genitori si usava dare del Voi nei paesi, segno di timore - ma anche di rispetto. Bel visino, carina, vispa; la conoscevo perché, oltre ad essere molto amico di uno dei suoi numerosi fratelli, abitavamo nella stessa ruga (nella stessa zona); ogni tanto andavo a trovarli, con qualche scusa, nella loro modesta casa popolare. Era la prima volta che sentivo il cuore cominciare a mandare messaggi, a palpitare. Mi piaceva Cristina. Quel pomeriggio il suo compito non era quello di fare i compiti, come si conviene ad una ragazzina di scuola elementare; in primis c'era quello di aiutare a mandare avanti la baracca: 13 bocche da sfamare tutti i giorni è dura per chiunque, per una famiglia povera è un'impresa ardua. Il suo compito quel pomeriggio era di andare in campagna a fare i lavori che in quella stagione necessitavano. Sua madre decise di dirottarla al fiume a lavare i panni che la famiglia aveva accumulato, ritenendolo, evidentemente, più urgente dei lavori in campagna; la lavatrice ancora era da venire nei paesini del sud Italia. Obbediente al volere materno, si carica sulla piccola testa il recipiente con dentro i panni e s'avvia verso il fiume, cosa che aveva fatto già tante altre volte; non era di certo semplice la vita per i ragazzini in quell’epoca. Arrivata a destinazione saluta le altre donne e inizia il lavoro. Il fiume scendeva direttamente dalla montagna e attraversava tutto l'abitato. Spesso ci si trovava a giocare e a bere di quell'acqua, ma consci che poteva essere ormai sporca, recitavamo una filastrocca per depurarla: "acqua sottacqua, l'angelo mbivi u diavolu sciatta", e così - nella nostra fantasia - l'acqua, come d'incanto, si trasformava in acqua benedetta…. beata fanciullezza! Il fiume era una fonte di sostentamento per molta gente; con la sua acqua si poteva far andare avanti il mulino, il frantoio; spesso i paesi nascevano appositamente intorno ai fiumi. Così alle spalle delle donne che lavavano i panni vi era una struttura ormai fatiscente fatta di briesti (un miscuglio di terra, paglia e fango): era un frantoio ancora funzionante. Alcuni dicevano che andava chiuso o almeno ristrutturato, ma, ci sono sempre dei ma... finché, quel maledetto giorno, la struttura cede. Crolla, con tutto il suo pulviscolo marrone, e chi va a beccare? Fra tanta gente, su chi si accanisce la sorte? Su Cristina, la più piccola fra le presenti, Lei resta sotto il muro. Altre donne lì vicino, subiscono qualche escoriazione. Lei no, il destino crudele le aveva riservato quella ingrata sorte: morire a 8 anni! Poi, a tragedia avvenuta, tutti quanti dicevano che la struttura era fatiscente, che doveva essere chiusa. Intanto Lei ha terminato il suo percorso di vita senza averla neanche assaporata. Che brutta fine per quell'angelo immacolato. La disperazione della madre è stata qualcosa di tragico; si colpevolizzava perché era stata Lei a dirottarla al fiume. Qualcuno, per consolarla, diceva che: quando il destino arriva non c'è niente da fare e che se fosse andata in campagna, chissà, un serpente che pure c’erano, forse l’avrebbe avvelenata... forse… intanto Lei non c'è più. È stato il mio primo contatto con la morte. Dopo questo episodio ho sentito molta gente parlare di fortuna e destino; dicono che ognuno di noi ne ha uno già assegnato, e che quando arriva il momento, ci trova ovunque noi siamo, non c'è nulla da fare... forse, sarà anche così, con molti se e dei ma. In questo caso mi sembrava essere stato più incuria dell'uomo che volontà divinatoria.
Milano, 6 aprile 2017
Gori Capano
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Inserito il - 09 aprile 2017 : 11:04:46
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Mastru Butitta..semplicemente m'inchinu Lingua e dialettu Di Ignaziu Butitta
Un populu mittitilu a catina, spughiatilu, attuppatici a vucca è ancora libiru. Livatici u travagghiu, u passaportu a tavula unnu mancia,u lettu unnu dormi, è ancora riccu. Un populo diventa poviru e servu quannu ci arrubbano a lingua addutata di patri: è persu pi sempri. Diventa poviru e servu quannu i paroli non figghianu paroli e si mancianu tra d’iddi. Mi n’addugnu ora, mentri accordu la chitarra du dialetto ca perdi na corda lu jornu. Mentre arripezzu a tila camuluta ca tissiru i nostri avi cu lana di pecuri siciliani. E sugnu poviru: haiu i dinari e non li pozzu spènniri; i giuielli e non li pozzu rigalari; u cantu nta gaggia cu l’ali tagghiati.
Un poviru c’addatta nte minni strippi da matri putativa chi u chiama figghiu pi nciuria. Nuatri l’avevamu a matri, nni l’arrubbaru; aveva i minni a funtana di latti e ci vìppiru tutti, ora ci sputanu. Nni ristò a vuci d’idda, a cadenza, a nota vascia du sonu e du lamentu: chissi no nni ponnu rubari. Non nni ponnu rubari, ma ristamu poveri e orfani u stissu.
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goricapano
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Inserito il - 09 aprile 2017 : 11:10:31
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traduzione x gli svizzeri di passaggio: Un popolo mettetelo in catene spogliatelo tappategli la bocca è ancora libero. Levategli il lavoro il passaporto la tavola dove mangia il letto dove dorme, è ancora ricco. Un popolo diventa povero e servo quando gli rubano la lingua ricevuta dai padri: è perso per sempre. Diventa povero e servo quando le parole non figliano parole e si mangiano tra di loro. Me ne accorgo ora, mentre accordo la chitarra del dialetto che perde una corda al giorno. Mentre rappezzo la tela tarmata che tesserono i nostri avi con la lana di pecore siciliane. E sono povero: ho i danari e non li posso spendere; i gioielli e non li posso regalare; il canto nella gabbia con le ali tagliate Un povero che allatta dalle mammelle aride della madre putativa, che lo chiama figlio per scherno. Noialtri l'avevamo, la madre, ce la rubarono; aveva le mammelle a fontana di latte e ci bevvero tutti, ora ci sputano. Ci restò la voce di lei, la cadenza, la nota bassa del suono e del lamento: queste non ce le possono rubare. Non ce le possono rubare, ma restiamo poveri e orfani lo stesso.
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goricapano
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Inserito il - 23 aprile 2017 : 10:53:56
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passau u santu ..finiti i fiesti..resta
A madonna i Pizzoni
Catti bona?…si si, catti bona. No pe diri, meggjiu non potia cadiri. Ancora volava, mentre a testa rotolava. Catti pe troppi magghji. Catti pe lordi mbrogghji. Catti pe amuri di figghji. L'amuri supera i scogghji, u sannu i poveri migrati, disgraziati, sventurati, sciagurati. Chiji chi veninu di là, ndannu a protezioni di allah, che è chjiù saggiu, non si faci portari a passeggiu. I 'ndiani, chjini i scienza, 'nto jiumma lavanu panni e coscienza. Buddha, quando nci fannu girari i cuggjiuna, nci manda i munzuna. Maometto i voli tutti sutta o soi tetto. Atri, povareji, senza ori, figghji di diu minori. Tutti su accumunati du stessu bucu duvi su nati, bucu di donna chi chiamati madonna. U lignu non è eternu, vu dicu, megghjiu u ficu, Si 'ncunu semi gigghjia, nesci a fica, chi 'nduci a vucca. A prossima vota, pe cortesia, passati prima da falegnameria, c'è peppi u cornutu, tantu 'mprecau, chi mutu diventau, nci u dici l'oraculu u faci u miraculu, va torna vergini e nova, pronta pe natra dura prova.
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goricapano
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Inserito il - 29 aprile 2017 : 11:59:45
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Dico la mia in tema di spiritualità, tema delicato, ma interessante. Ho fatto 3 anni in seminario, ho girato anche altri collegi... come diceva l'ing. Luciano De crescenzo, la relazione col di-vino ce l'hanno molto di più i non credenti che i credenti... loro si accontantano della favoletta che va avanti da 2000 anni.. il problema è di chi, come me, non si accontenta della verginità di maria, neanche in quella di Lina..dei misteri della fede, dei legni piangenti, delle statue sanguinanti..fantastica l'invenzione del peccato... insomma guardarsi dentro, sopra, sotto, di lato...
TIA Versione originale in mp3
T I A
Vurria u parru i TIA, misteru da vita mia, u sai ca non crijiu a ligna piangenti, statui sanguinanti,
mancu a cu dici nenti... mancu a cu dici nenti
si fussi poeta ti facissi na poesia, ma cu su, chjiu non sacciu, forzi nu ciucciu, di voti mi sentu cavajiu, cu mbastu di l'avi ncojiu, e sugnu tanti, carbonari e briganti, ma puru nobili e regnanti. e T I A, chi i tieni a bada tutti quanti.
Mi piggjiasti nte fasci, mi mustrasti a bellezza di cosci, l'amuri carnale e chijiu mentale.
Ti palesasti..ti facisci sentiri..
Aundi?
nto sognu avveratu, nta l'attimu ritardatu, nto trasferimentu arrivatu, nto cartellu sbaggjiatu, nta l'occhi aperti a lurtimu istanti…nto sguardu di l'infanti Chisti i chiju mportanti...fermami, sinno finu o matinu vajiu avanti.
cu si..chi fai..chi vai cercandu
Non fai amicizia cui pretofili monaci seculari e sbirri..tantu u sai ca a sgarri.
Non minacci inferni, non promenti paradisi... regali sulu sorrisi. Pe TIA non si fannu guerri santi, nujiu poti diri di esseri rappresentanti. Non mandi punizioni non dai assoluzioni non hai bisognu di riti, mancu di miti si personali, non cedibili, e non spendibili. Non voi essere pregatu, mancu frischulijatu, ti basta ogni tantu cu penzeru salutatu. Saluti.
Grandi paci non ti detti, ammettu, cu mia ebbisti u scumbatti
non saccijiu u nomi chi porti, mancu si hai l'occhi storti Ca nci si però su sicuru, su sicuru... cu si.. si u passatu 'mbrischjiatu cu futuru.
Vegnu cu T I A .. no tu no Vegnu cu T I A .. no tu no rispundi tu. Quando voi..a disposizione, di T I A non fazzu senza, sevvu e padruni all'occorrenza.
Dammi tempu ca ti perciu 'ncissi u surici a nuci
ca quando stu si dici..s'appiccia a luci e si sta finalmente in paci.
TE entità familiare, ma sconosciuta
Vorrei parlare di TE, mistero della mia vita. Lo sai che non credo a legna che piangono..statue che sanguinano.
neanche a chi dice che non c'è niente…neanche a chi dice niente.
Se fossi poeta ti farei una poesia, ma chi sono più non so, forse un asino. A volte mi sento un cavallo, con addosso il peso degli antenati. E sono tanti carbonari e briganti..ma anche nobili e governanti. E TE che li tieni uniti, tutti quanti.
Mi hai preso che ero piccolo, mi hai fatto vedere la bellezza dell'amore, carnale e mentale. Ti sei palesato Dove? Nel sogno avverato, nel ritardo di un'attimo, nel trasferimento arrivato, nel cartello sbagliato, negli occhi aperti all'ultimo istante, nello sguardo innocente dei bimbi, questi sono i più importanti..fermami, altrimenti facciamo notte a raccontarli tutti.
Chi sei..cosa fai…
Non sei amico dei pretofili, monaci e carabinieri...è amicizia malsana.
Non minacci inferni e non prometti paradisi...regali solo sorrisi Per Te non si fanno guerre sante, nessuno può dirsi rappresentante, non mandi punizioni, non dai assoluzioni, non hai bisogno di riti, neanche di miti.
SEI PERSONALE, NON CEDIBILE NON SPENDIBILE.
Non vuoi preghiere, non arrivi col fischio, ti basta ogni tanto col pensiero salutato. Saluti.
Grande pace non ti ho dato, ammetto, con me hai dovuto combattere.
Non so il nome che porti..neanche se hai gli occhi storti Ma che ci sei sono sicuro..sicuro. SEI IL PASSATO che unisce IL FUTURO. Vengo con te..non tu no Vengo con te..non tu no rispondi tu Quando vuoi..a disposizione di TE non faccio senza Servo e padrone all'occorrenza. Dammi tempo che ti buco, disse il topo alla noce, che quando il si, dici, s'accende la luce e si sta finalmente in pace.
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Modificato da - goricapano in data 01 maggio 2017 10:03:44 |
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goricapano
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goricapano
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Inserito il - 05 maggio 2017 : 09:58:27
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A Milano sono grato, ma non mi sento emigrato... hai dimenticato una categoria, se proprio vuoi etichettare a mia. Sono reduce e combattente, se per te fa niente... se in questa veste merito il confino..me ne sto in questo angolino. Qui si cerca il parentato..il mio l'ho trovato Non ho amici importanti...non fa nenti.. ahjiu a T I A chi mi fa cumpagnia. l'amici
l'amici mei pochi e chjini i nguacchji, comu i denti mbucca a certi vecchji.
datu ca siti pochini vi spendu dui parolini.
Criscivi a pani e Andrè, ca guerra i pieru sempi jivi fieru. Guccini mbriacuni, cu a locomotiva emozioni mi duni. Bertoli, a mussu duru tu dicu, si mio amicu. M’imbriacasti mandarino, chi c’era nto vino? veni puru tu, no tu no. odifreddi, matematicu, si pe mia megghjiu du viaticu.
u maestru è pero' Micu 'njiaho', da ciecu tundu, mi fici u vijiu u mundu. bisciu,fratellu di vita e merendini, restamma eterni bambini. pinu tripodi.... bonu cavajiu lunga cursa piggjia, si no esti sulu n'asinu chi raggjia.
all'africoti, saluti e salutamu, chija mamma per sempi amu.
u furbu ne du piattu ne du parentatu va cacciatu.
mastru vittoriu nta chiji muntagni cu ninu martinu e tantu vinu.
marisa, amica mia, ndi dividiu l'umbra da gelusia. Rita, l'amica da vita. profaziu mi dispiaci mu tu dicu, non si chjiu mio amicu. pe schierati e bandaruoli...non servunu paruali. finivi i jidita da mano, nu salutu da Gori capano.
Otello, giustu pecchì nci facisti canusciri a figghjiuma butitta..nta i mei amici ti rivitta.
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Modificato da - goricapano in data 05 maggio 2017 14:27:50 |
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goricapano
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Inserito il - 12 maggio 2017 : 14:58:09
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Ho cambiato casa, mi sono trasferito, saluto e ringrazio tutti.
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