PER LA PACE E LA GIUSTIZIA
Spazio all'Anpi di Ivrea per i giovani testimoni dei Testimoni. Due ragazzi eporediesi rievocano a loro modo la figura del bisnonno partigiano (Ennio Pistoi)
A cura di Franco Di Giorgi e Mario Beiletti
Più che una semplice narrazione, quella a cui abbiamo assistito la sera del 17 dicembre 2015 nella gremitissima sede dell'Anpi di Ivrea è stata una affettuosa rievocazione musicale della figura di Ennio Pistoi, un eroe eporediese della Resistenza partigiana. Nella sua breve ma doverosa premessa introduttiva, Mario Beiletti, Presidente dell'Anpi di Ivrea e del Basso Canavese, ha sottolineato che i giorni fra il '43 ed il '45 ebbero numerosi e diversi protagonisti: non soltanto "i giovani Partigiani col mitra in montagna", ma i Militari, che furono il primo baluardo contro gli invasori; gli Internati che nei campi rifiutarono le lusinghe fasciste; i Deportati; e poi l'intera popolazione: donne e uomini che furono la vera spina dorsale della Resistenza. Anche le Formazioni di combattenti appartennero a diverse ideologie, pur uniti dalla comune lotta contro il nazifascismo. Ennio Pistoi fu Partigiano cattolico, e figure come la sua vanno ancora scoperte, riscoperte a fondo, ed è ciò che si farà in prossimi incontri "della Memoria": tanti sono, infatti, i personaggi e le storie che dopo tanti anni riemergono dalla dimensione famigliare per appartenere a tutti. Ne è Testimone, appunto, Pistoi, figura esemplare di partigiano credente, di uomo impegnato e combattente per la pace e la giustizia, Sono stati due suoi pronipoti, Valentina Bellini e Luca Pistoi a tratteggiarne la figura. La prima ha letto alcuni passi del libro scritto dal bisnonno ("Nonno Ennio racconta, perché parlare di Resistenza ai giovani"), il secondo l’accompagnava al piano elettrico e alla chitarra, intonando in maniera libera arie e motivi ispirati a quelle letture. Nel piacevole spazio di circa un'ora e mezza, abbiamo appreso della vita del sottotenente Ennio Pistoi: degli orrori che vide durante la tragica ritirata dalla campagna di Russia (una storia simile a quella di un altro reduce novantatreenne dell'Armir, Renzo Vassarotti), della scelta partigiana nel '43, della dura e disumana esperienza del carcere, dell'istante della sua fucilazione (revocata solo all'ultimo momento, come accadde anche a Dostoevskij e a Blanchot), ma anche del suo amore per la moglie Irma. Tutto davvero bello e commovente. Si avvertivano il sentimento intenso e l’affetto profondo che questi due ragazzi provano per il loro caro bisavo e la coesione famigliare attorno ai suoi valori. L'iniziativa è maturata in una serie di incontri con l'Anpi, che l'ha accolta con gioia, fornendo lo spazio necessario, ma ha avuto un convinto retroterra nel ricordo della famiglia, nella trasmissione della Memoria attraverso le generazioni, e soprattutto per quello che Ennio Pistoi ha rappresentato nella lotta di Liberazione (vera, unica e sola historia magistra per discenti immemori e svogliati) e per quello che come mártys, come Testimone, uomini come Ennio rappresentano ancora per gli altri testimoni e devono continuare a rappresentare per tutti gli Italiani smemorati, specie per le nuove generazioni. Quello che però alla fine ci ha colpito più di ogni altra cosa è stato un passaggio del libro di Ennio, là dove egli dice, come una sorta di monito che ha il peso e il valore di un imperativo categorico, che essi hanno combattuto non tanto per le vittime innocenti né tanto meno per i carnefici, ma per la pace e la giustizia: valori che sono e restano ben al di sopra degli screzi umani. Questi valori hanno infatti quella superiorità, quell'incondizionatezza kantiana, quell'idealità platonica che tutti noi possiamo cogliere nella loro purezza nella nostra Costituzione. Non tanto dunque per gli uomini, ma per la salvaguardia di questi valori partigiani come Ennio erano disposti a morire. Non già quindi per un odio verso gli uomini, ma unicamente per l'amore verso la giustizia e la pace, unici pilastri che continuano a garantire per la sopravvivenza del genere umano.
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