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Ritiro della vendita degli ulivi secolari - lunedì 17 maggio 2004 at 22:45

Dasà VV. Il progetto, di vendita da parte del Comune di Dasà, d’appezzamenti di terreno siti in località Bracciara, ha scosso le coscienze di tanti cittadini dasaesi e non solo, per via del fatto che in gran parte di essi esistono alberi d’ulivo secolari aventi un enorme interesse storico culturale.
Si lascerebbe con tale operazione all’arbitrio dell’acquirente cosa fare o non fare di tali ulivi secolari - che chiunque li conosce ed ha cuore, occhio e cervello non esita a definirli “patrimonio dell’umanità”.
In Bracciara inoltre vi sono le origini della Madonna della Consolazione, simbolo di fede principe della comunità dasaese residente ed emigrata.
Un potenziale, quindi, storico, religioso, culturale da tutelare, accrescere e convertire in posti di lavoro, (se s’intraprendesse da parte dell’amministrazione comunale un discorso di turismo-culturale) per i tantissimi giovani e non giovani disoccupati od allontanatesi dalla propria terra in cerca di lavoro, con corrispondente ritorno economico per la nostra comunità tutta.
Si potrebbero capire le esigenze del Comune di fare cassa giacché quest’anno si sono avuti minori trasferimenti per 70 milioni di vecchie lire. Si potrebbe comprendere che il Comune voglia tornare in possesso di tali appezzamenti dell’ex ECA (Ente Comunale Assistenza) donati per “Beneficenza” poiché -a dire del sindaco- il canone pagato da parte degli usufruttuari era modesto quando pagato.
Per fortuna oggi alcuni usufruttuari si trovano, per loro merito principalmente, in condizioni economiche più agiate e se l’ECA non esiste più, quello che esiste ancora dovrebbe essere la motivazione principe della donazione fatta al Comune da parte dei “benefattori” ossia, l’essere in condizioni economiche disagiate.
Quest’ultima motivazione però immette una contraddizione (sicuramente di tipo etico) nella vendita, che negli intenti del Comune e per diritto di prelazione, ha come acquirenti gli attuali usufruttuari;
quindi non comprendiamo il fatto che, -ove non ricorrono, per gli usufruttuari, le condizioni economiche disagiate- si possa divenire acquirenti di un bene riservato ai poveri e tuttora esistenti nella nostra comunità e che ove ricorressero non si intuisce come potrebbero in termini economici esercitare il diritto di prelazione.
La cosa ardua da capire è perchè la scelta di fare cassa -fra le tante possibilità che il Comune potrebbe avere- debba ricadere sul più importante simbolo della nostra civiltà contadina.
Il sindaco, in questo caso, dovrebbe essere sensibile alle istanze, che si stanno sollevando nella società civile dasaese e non, tendenti al ritiro del suddetto progetto di vendita ed in seconda opzione dovrebbe prendere in considerazione l’idea di separare, con mappa e sopralluogo, gli appezzamenti di terreno contenenti ulivi secolari dagli appezzamenti di terreno adibiti a pascolo, escludendo dalla vendita i primi.
mimc
17 maggio 2004


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