Prodi al Congresso Cgil: Riprogettiamo insieme l'Italia
di Bruno Ugolini

Da Rimini. Un'Italia da rifare. Questo è il filo conduttore del discorso di Romano Prodi al congresso nazionale della Cgil. Colui che dal palco della presidenza è stato presentato come il possibile - tra un mese - nuovo presidente del Consiglio ha conquistato lunghi applausi dalla platea dei delegati.

Non ha però fatto un discorso demagogico, da venditore di tappeti. Non si è fatto trascinare dalle promesse. Ha disegnato un percorso governativo che porterebbe non a cancellare con un colpo di bacchetta magica tutte le pessime leggi varate dalla coalizione di centrodestra (legge 30, legge Moratti, legge Bossi-Fini), ma a procedere a sostituzioni, a trasformazioni.

È stata una risposta agli interventi degli oratori che lo hanno preceduto. Come quelli di Gianni Rinaldini (metalmeccanici), Betty Leone (pensionati), Susanna Camusso (Lombardia), Valeria Fedeli (tessili) Enrico Panini (scuola). Aveva chiuso Paolo Nerozzi, segretario confederale, che aveva parlato, tra l'altro, del rapporto col futuro prossimo governo esortando a non fermarsi agli aggettivi, per badare invece ai contenuti. Visto che qualcuno - come Pezzotta, come la Fiom - non ama la parola «governo amico» ha suggerito scherzosamente: «Chiamiamolo Pippo»...

Ma proprio su questo punto Romanoi Prodi ha usato parole chiare: «Non chiedo a nessuno di abdicare al proprio ruolo e tanto meno di surrogare il ruolo della politica. Chiedo al sindacato di continuare ad essere un interlocutore forte, esigente, responsabile ed autonomo». «Un sindacato forte - ha aggiunto - è indispensabile per poter riavviare il prezioso strumento della concertazione che con grande miopia e cinismo è stato accantonato».

brunougolini@mclink.it

Fonte: L'Unità Online



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