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Gli italiani: pessimisti e delusi - mercoledì 9 febbraio 2005 at 18:01

Gli italiani: pessimisti e delusi
di Ritanna Armeni
L'illusione è finita hanno detto i Ds al loro congresso con esplicita allusione al governo Berlusconi. Si potrebbe aggiungere che se l'illusione è finita la delusione era cominciata da un pezzo e in questi ultimi mesi ha raggiunto un livello piuttosto alto.

Roma. Gli italiani sono delusi. Delusi e avviliti. Guardano al futuro con pessimismo. Sentono attorno a loro un declino che non riescono a spiegare né a superare. Ma hanno torto i Ds se pensano, come il segretario Fassino ha detto, che questo sentimento - tanto forte da assumere un senso e un significato politico - abbia origine dalla "incapacità" della classe dirigente di governare il paese. Il centrodestra ha saputo portare avanti le sue politiche. Lo ha fatto con coerenza a cominciare dalle leggi che hanno suscitato più scalpore fino a provvedimenti che magari sono passati inosservati. E' la sua politica ad aver prima illuso e poi deluso gli italiani non la incapacità a praticarla. Berlusconi - per fare tre esempi concreti - ha precarizzato il mercato del lavoro, ha ridotto le tasse, ha mandato soldati italiani in guerra. Tutti obiettivi che si era prefisso ed ha raggiunto.

Si tratta di una distinzione importante per capire e affrontare il periodo da qui alle elezioni politiche del 2006. Ma anche per sapere che cosa fare dopo, per operare una svolta, per ridare a chi abita questo paese di nuovo un sentimento di fiducia.

Quel che provoca il malessere e il pessimismo degli italiani non è solo un peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro che oggi si è esteso da coloro che hanno sempre avuto poco a ceti medi fino a ieri benestanti. Non è solo la constatazione che quel che si credeva potesse avvenire, cioè una accrescimento della ricchezza per chi era più "flessibile", libero e capace di intraprendere e di osare senza protezione ed assistenza non è avvenuto. Tutto questo c'è stato, ma a questo si è aggiunto un sentimento nuovo e negativo nella gran massa degli italiani.

In questi anni - lo testimoniano, ricerche statistiche, sondaggi - si sono minate certezze di fondo, si è spezzata la fiducia nel futuro che, almeno nell'immaginario di milioni di persone, finora era pensato migliore del presente e del passato. E' questa la novità. Perché si può essere poveri - e gran parte degli italiani lo sono stati - senza essere disperati, incerti, insicuri. Senza essere pessimisti.

Le sicurezze si sono dissolte nel lavoro dove la politica coerentemente praticata dal governo ha prodotto precarizzazione, contratti a termine, frammentazione. Non è una novità, è un processo che va avanti da qualche anno, ma da questo governo quella politica era stata esaltata come l'inizio della ricchezza e della libertà. Di qui un senso di delusione.

La sicurezza si è affievolita fino a diventare angoscia sulle prospettive generali per il futuro. E la guerra vi ha contribuito non poco. Perché si può essere ad essa favorevoli o contrari. La si può definire un mezzo utile per combattere nemici che altrimenti hanno il sopravvento, o strumento inutile, illegale, e moralmente illecito, ma comunque la guerra fa paura, fa paura a tutti. Introduce nel nostro futuro qualcosa che pensavamo di aver superato e che invece incombe nella nostra quotidianità.

E si può pensare che non producano un sentimento dominante di insicurezza vedere e sapere che grandi imprese nazionali, dall'Alitalia alla Fiat, rischian00 ogni giorno di essere cancellate come è avvenuto per tanta parte del patrimonio industriale negli anni passati? E che non c'è uno Stato in grado di garantire, di proteggere, anzi si fa un vanto del fatto di non volere intervenire? Quel che avviene o che può avvenire alla Fiat non è più affare di quelli che ci lavorano. In questi anni le crisi aziendali sono penetrate - anch'esse - nella coscienza e nell'immaginario di tutti. E non hanno prodotto solo povertà, ma - appunto - un sentimento generalizzato di un declino inesorabile e generale in cui ciascuno è lasciato a se stesso.

Berlusconi è consapevole di questa situazione di disagio che si sta trasformando in calo dei consensi e in malessere crescente nei confronti della Casa delle Libertà e la sua reazione è duplice. Da un lato ostenta ottimismo: il paese sta bene, oggi gli italiani sono più ricchi di ieri, la disoccupazione si è ridotta, la ripresa è prossima, le tasse si sono ridotte e così via. Dall'altra, con un maldestro tentativo di imitazione di Bush cerca di rendere lo scontro solo ideologico, di riportare le questioni del paese nei termini di lotta del bene contro il male, di libertà contro oppressione e comunismo. Con entrambi gli atteggiamenti prova a ricreare quell'illusione che in passato, sapientemente e mediaticamente organizzata, ha dato - non c'è dubbio - i suoi frutti.

Non crediamo che ci riuscirà. E non solo perché è finita l'illusione, ma perché la delusione è forte. Ed ha colpito anche lì dove Berlusconi pareva invincibile: la creazione di un immaginario audace e positivo, ottimista e fiducioso. Ha colpito lì dove si annida la speranza personale e collettiva. E lo ha fatto proprio perché quella di questo governo è stata una politica concreta e praticata senza lasciare margini ad ulteriori illusioni.

E' possibile per chi pensa di dover governare questo paese dopo il centrodestra rimontare questa delusione e creare di nuovo condizioni materiali e valori che ridiano fiducia e facciano ritrovare almeno in parte una speranza nel futuro? Questa è la scommessa o la sfida. Che si può vincere a patto però di non pensare che la fine di una illusione e una delusione così profonda si possano cancellare solo con un ricambio di classe dirigente. Sono le scelte politiche e i messaggi che hanno un valore. La pace, la protezione sociale, la valorizzazione del lavoro, la riproposizione dell'eguaglianza ritornano ad essere i punti forti di un "antiberlusconismo" vincente.

Ritanna Armeni
9 febbraio 2005


Fonte: Liberazione online


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