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Vecchi e nuovi mestieri nell'era globalizzazione - venerdì 18 giugno 2004 at 09:32

Le lauree più richieste e le figure professionali
su cui puntano le imprese nel futuro prossimo venturo
Vecchi e nuovi mestieri
nell'era della globalizzazione
I settori che assumeranno: turismo, commercio e servizi
In crescita il businnes del benessere della persona
di BARBARA ARDU'

ROMA - Laureato in economia e commercio, ottima preparazione informatica, conoscenza dell'inglese e precedente esperienza lavorativa. E' il profilo ideale per chi vuole entrare, e in fretta, nel mercato del lavoro. Ma non è detto che ci riesca sempre. Ogni 100 assunzioni programmate dalle imprese solo 6,5 sono destinate ai laureati. Per il resto le imprese vogliono tecnici e specialisti, figure professionali che sempre più spesso faticano a trovare. Certezze che emergono dall'indagine Excelsior dell'Unioncamere, che ogni anno chiede a un campione rappresentativo di imprese quali sono le figure professionali di cui avranno bisogno nell'anno a venire.

E non è che si spazi molto con la fantasia. "Le imprese cercano gente specializzata, addetti alle vendite o alla contabilità - spiega Maurizio Sorcioni di Italia Lavoro, l'agenzia che fa capo al ministero del Welfare - o più semplicemente vanno a caccia di forza lavoro senza alcun curriculum studi, anzi più è basso il titolo di studio meglio è". Il 47,9 per cento dei posti programmati per il 2003, secondo l'indagine, era destinato a chi aveva la sola scuola dell'obbligo, il 19,2 a chi era in possesso di una qualifica professionale e il 26,4 ai diplomati di scuola superiore. Il resto, il 6,5%, ai laureati.

E non tutte le lauree pesano allo stesso modo. "Sono quattro quelle che garantiscono un veloce inserimento - spiega Maurizio Sorcioni - e sono economia, ingegneria, scienze politiche e statistica, forse quella che ha le performance migliori".

E le nuove professioni? Quelle che dovrebbero garantire un posto assicurato e un guadagno invidiabile? Maurizio Sorcioni non ci crede molto. "Credo ai vecchi mestieri rivisti e ridisegnati sotto l'impatto delle nuove tecnologie, ma il mercato del lavoro italiano mi sembra sempre lo stesso. Oggi - aggiunge Sorcioni - è più richiesto un buon falegname o un buon elettricista che un laureato in facoltà umanistiche".

I più richiesti? Specialisti e tecnici della gestione amministrativa e gli addetti alle vendite. Gli introvabili? Gli operai specializzati dell'industria meccanica ed elettrotecnica e i professionisti dei servizi alle persone. Figure professionali che le imprese cercano, ma a vuoto. Non le trovano, dunque non assumono, anche perché oggi, più di prima l'esperienza professionale è essenziale per il 70% dei nuovi assunti. Sarà per questo che gli stage stanno vivendo una nuova primavera.

Ma quali saranno i settori che assumeranno nei prossimi anni? Secondo l'Unioncamere, a trainare la domanda di lavoro nel 2003 sono stati tre settori, le imprese delle costruzioni, quelle del commercio e i servizi. Grandi categorie che non comprendono però tutti i comparti. "In futuro nel settore del credito ci saranno più esuberi che assunzioni - prevede Maurizio Sorcioni - mentre l'informatica è ormai un mercato saturo. Settori emergenti saranno invece quelli del turismo, compresa la ristorazione e tutto l'indotto, così come tirerà il settore delle vendite, a cominciare da quelle immobiliari. E vivrà sicuramente un boom il mercato dei servizi alla persona e quello legato alla sanità". Ma più che medici serviranno infermieri, tecnici radiologi, fisioterapisti e tutte quelle persone che avranno una formazione solida e specifica.

Per Domenico De Masi, sociologo del lavoro, saranno invece quattro i settori su cui è bene investire professionalmente nel futuro. Uno è quello che lui chiama il "business del benessere globale", anch'esso strettamente legato alla persona e a una società che invecchia. "Qui - dice De Masi - si svilupperanno una serie di occupazioni che riguardano l'uomo e la qualità della vita. Penso alle palestre, alla chirurgia estetica, fino all'organizzazione del tempo libero". "Ma le professioni più dinamiche - sostiene il sociologo - saranno quelle di tipo intellettuale, quelle che riguardano le attività relazionali, che possono comprendere dagli psicologi, ai politici ai gestori di comunità, fino agli organizzatori di festival, una figura professionale che in Italia manca del tutto".

Un altro grande settore in sviluppo, secondo De Masi, è quello scientifico, della ricerca in senso stretto, e infine c'è l'area dell'estetica che comprende registi, grafici, paesaggisti per ridisegnare la città, architetti, gente con grande senso estetico, capace di inventare qualcosa di nuovo. "Ma questi - avverte il sociologo - saranno mestieri e professioni per pochi, per chi saprà coniugare creatività e flessibilià. Per gli altri ci saranno mestieri flessibili e poco qualificati".

L'ultima guida a quelle che saranno le professioni del futuro l'ha stilata Nicola Cacace, già presidente di Nomisma e guru delle nuove professioni. Due anni fa ha mandato in stampa 2010. Scenario delle nuove professioni (Editori Riuniti). Secondo Cacace nell'Italia del futuro due lavoratori su tre lavoreranno nei servizi, l'area no-profit svolgerà un ruolo sempre più rilevante e saranno le donne a far crescere il tasso d'occupazione. Le specializzazioni più gettonate saranno quelle in Scienze matematiche, fisiche e naturali e quelle assimilate, come l'informatica, la sicurezza dei dati, la geologia, la sismologia, la statistica, come quelle legate al mondo dell'impresa e dei servizi sanitari in genere.

Qualche esempio? Non dovrebbe avere problemi a trovare lavoro chi opera nel settore della sicurezza dei dati e del commercio elettronico, gente chiamata a regolare lo sviluppo dei servizi via Internet. Un altro campo sarà quello del territorio: geologi, esperti dell'ambiente e del trattamento delle acque, energy manager e i mobility manager. E per i maghi del biotech le previsioni di Nicola Cacace ipotizzano 20 mila posti di lavoro in più. Tanti, pochi? Forse dipenderà da quanta innovazione saranno disposte a fare le imprese.

(11 giugno 2004)


Fonte: La Repubblica online


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