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La voce vibonese contro la guerra - venerdì 21 maggio 2004 at 21:13

Ieri in Parlamento è stato il senatore Nuccio Iovene a intervenire per il gruppo Ds-Ulivo
La voce vibonese contro la guerra
Un discorso anche in nome di una città che in Iraq ha inviato i suoi figli

Vibo Valentia . C'ERA anche un po' di Vibo Valentia ieri in Parlamento ad opporsi alla guerra in Iraq, terra martoriata da un regime totalitario prima, da un barbaro conflitto oggi. E lì, il senatore Nuccio Iovene, intervenuto a nome del gruppo Ds-Ulivo, ha anche pensato alla città che lo ha eletto. Quella Vibo degli eroi silenziosi, che in Iraq, a Baghdad e Nassiriya, hanno rischiato la loro vita per salvare quelle degli altri: le crocerossine Marcella Carrieri, Giovanna Altomare e Ernesta Zadra, i medici Franco Mazza e Antonio Schettini, il carabiniere Ivan Buia. Avrà pensato a quei cortei che si sono snodati lungo le vie della città, e lui, lì in testa, con la sciarpa arcobaleno intorno al collo. Alla carovana della pace che partendo dalla Sicilia ha raggiunto Vibo, perché «Vibo - disse lo stesso Iovene in quei giorni - è città di pace».
Ieri sera la sua voce ha amplificato quella di un Paese, di una Calabria, di una città, che chiede il ritiro immediato dei circa 2 mila e 700 soldati italiani impegnati in Iraq.
«Come appare lontano e vuoto - ha esordito Iovene rivolgendosi al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e all'intera aula - l'annuncio trionfalistico fatto un anno fa, il primo maggio del 2003, dal presidente degli Stati Uniti d'America George W. Bush a bordo della portaerei Lincoln sulla fine della guerra all'Iraq e sulla vittoria della coalizione dei volenterosi.
La guerra è continuata, mese dopo mese, mietendo vittime tra le popolazioni civili irachene e tra i militari presenti nel Paese, compresi i nostri 21 connazionali. Ancora oggi, in queste ore, combattimenti e morti si sono registrati a Samarra, Kerbala, Mosul, Najaf. E ancora incerta è la sorte dei civili presi in ostaggio nelle settimane passate».
Per il parlamentare diessino è «una guerra sbagliata, costruita sui falsi dossier, sulle armi di distruzione di massa in possesso all'Iraq, decisa e condotta fuori dalla legalità internazionale e che ha aggravato, anziché aiutare la lotta al terrorismo internazionale, alimentando i giacimenti di odio e allontanando la soluzione di pace in Medio Oriente».
E ha tuonato: «A questa scelta sciagurata il nostro Paese ha partecipato, minando un'azione unitaria dell'Unione Europea, rendendosi complice di una occupazione militare che si è macchiata anche dell'orrore delle torture ai prigionieri iracheni in aperta violazione di tutte le convenzioni internazionali.
Lo ha fatto in aperto contrasto con i sentimenti di pace della stragrande maggioranza dell'opinione pubblica internazionale e dei milioni di cittadini che hanno manifestato in ogni angolo del pianeta, ed anche nel nostro Paese, contro questa guerra.
E delle tante organizzazioni della società civile, anche del nostro Paese, che non hanno mai smesso di portare aiuti e far fronte alle emergenze sanitarie e alimentari di cui soffrono le popolazioni irachene in tante realtà di quel Paese martoriato e che ci indicavano una strada diversa da quella intrapresa».
E rivolgendosi direttamente a Berlusconi: «Signor presidente del Consiglio, la svolta più volte invocata in questi mesi e di cui lei ci ha confusamente parlato oggi non c'é stata e ancora non c'é. Anzi la stessa prosecuzione del conflitto e dell'occupazione militare la rende più difficile e lontana. E le sue ripetute dichiarazioni di adesione alla politica dell'amministrazione americana "a prescindere", come diceva un grande italiano, non fanno che aggravare le cose. Ecco perché - ha proseguito Iovene - è indispensabile il ritiro immediato del nostro contingente. Per non coprire ulteriormente una guerra sbagliata ed illegittima. E per favorire invece quella svolta da più parti invocata».
Il senatore Ds ha ribadito come ciò è stato fatto anche da «altri importanti Paesi nostri alleati, come la Spagna».
Una voce, la sua, in un coro vibrante, quello delle forze di opposizione che «si sono pronunciate unitariamente, oltre un anno fa, contro la guerra all'Iraq e la nefasta dottrina delle guerra preventiva che ne stava alla base. Si sono pronunciate unitariamente contro l'invio del nostro contingente militare nel luglio dello scorso anno ed oggi unitariamente ne chiedono il ritiro».
L'obiettivo dev'essere invece quello di affidare alle Nazioni Unite i compiti ed i mezzi necessari per intervenire efficacemente, per dare una speranza alla pace, per ripristinare la legalità internazionale e la credibilità delle sue istituzioni». Nuccio Iovene ha ricordato l'articolo 11 della Costituzione: «L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente in condizioni di parità (e non di subalternità signor presidente del Consiglio) con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni. Promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo. E' questo - ha concluso - Quell'articolo 11 che voi state calpestando ed al quale noi intendiamo rimanere fedeli».
E Vibo, città di pace, spera.

Pietro Comito
(21 maggio 2004)


Fonte: Il Quotidiano della Calabria online

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