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''La spesa costa il 12% in più'' - venerdì 6 febbraio 2004 at 16:20

L'Intesa prepara i panieri per alcune categorie di merci con gli aumenti del 2003. La Uil all'attacco: "Governo colpevole"
La denuncia dei consumatori
"La spesa costa il 12% in più"
di LUISA GRION

ROMA . Un ritocco qua e là, quel tanto che basta per far capire che sul fronte dei prezzi le acque non si sono affatto calmate. L'anno nuovo ha già portato ulteriori aumenti. Non in tutte le voci di spesa - almeno fino ad ora - ma su molti dei prodotti che vengono abitualmente acquistati da studenti, pensionati, casalinghe, impiegati.

Categorie standard per le quali l'Intesa dei consumatori ha preparato un mini paniere ad uso e consumo quotidiano. Scoprendo che su quelle voci gli aumenti possono toccare punte del 40 per cento: la puntatina al pub per birra e patatine per esempio, abitudine diventata un lusso visto che è passata dai 5 ai 7 euro.

Certo, ci sono anche beni e servizi a costo invariato rispetto al 2003 (la benzina verde, il prelievo bancomat), ma la media del ritocco viaggia attorno al 12 per cento. A tanto corrisponde infatti il rincaro subito dalla casalinga che compera latte e biscotti per la prima colazione (più 34,9 per cento) o fa la spesa di giornata al mercato (più 15,2 per cento) e che magari si concede il lusso di una messa in piega dal parrucchiere (passata in media dai 25 ai 28 euro). Aumenti che saranno assorbiti dalla mancata crescita di altre spese, ma che comunque si fanno sentire. E non da lei sola.

Dal paniere standard preparato dall'Intesa risulta infatti che gli impiegati, fra cappuccino al bar, caffè, sigaretta e - massimo del proibito - cena in pizzeria (23 per cento di aumento medio dal gennaio di quest'anno) vedono le loro spese ritoccate del 9,4 per cento. Gli studenti - fra pizzetta rossa a metà mattinata, sms alla fidanzata e qualche birretta al pub - consumano l'11,6 per cento in più della paghetta. I pensionati, dalla merendina da comperare ai nipotini all'aspirina - quando serve - possono sborsare il 12, 2 per cento in più rispetto allo scorso anno.

Listini che - affiancando a queste voci quelle più pesanti dell'affitto, bollette e quant'altro - subiranno variazioni, ma che comunque testimoniano come la partita dei super-aumenti non sia affatto chiusa. Non si è chiusa, d'altra parte, nemmeno la polemica attorno all'inflazione misurata secondo i criteri Istat o secondo la percezione dei consumatori.

Un attacco deciso è partito dalla Uil di Luigi Angeletti: "L'aumento dei prezzi non è colpa dello Spirito Santo - ha detto il leader del sindacato - e se improvvisamente siamo passati a pagare 10 euro quello che pochi mesi prima costava 10mila lire, non c'è alcuna giustificazione economica. C'è chi ne ha approfittato".

La Uil contesta l'Istat: "Il calcolo dell'inflazione viene fatto sui pesi ponderali delle singole voci. Così una assicurazione auto vale, per l'Istat, lo 0,9 per cento del reddito di una persona. Sfido chiunque, a meno che non guadagni 200 mila euro, a verificare se la sua assicurazione pesa davvero l'1 per cento". Parole dure anche per il governo: "Siamo in presenza di un'operazione di speculazione. Hanno utilizzato l'occasione del cambiamento della moneta per speculare aumentare i prezzi a piacimento. E il governo ha fatto finta di non vedere".

Di più: "Non c'è nessuna ragione economica alla base dell'aumento dei prezzi. Tutti quelli che potevano, hanno interpretato la politica del governo Berlusconi in un modo molto chiaro, meglio di noi. E' come se si fosse lanciato il messaggio: chi può si arricchisca ".
Dai commercianti di Billè arriva invece l'invito ad evitare le risse politiche: "L'euro in Italia ha avuto un impatto con alti gradi d'inefficienza. Il nostro sistema produttivo, avendo perso una larga parte delle esportazioni, ha scaricato, per quasi due anni, sui listini dei beni di consumo tutti gli aumenti necessari per ricostituire margini sufficienti di bilancio".

Quanto ai dati Istat, a scontarsi sulla loro affidabilità sono entrati in campo gli economisti. Augusto Graziani confessa che "l'esperienza quotidiana ci dice che l'inflazione è superiore al 2,2 per cento". Alberto Quadrio Curzio invece non critica i metodi dell'istituto "sono quelli utilizzati in tutta Europa ed hanno validità scientifica fuori questione". A preoccuparlo però " è che l'Italia rispetto agli altri paesi europei ha sempre uno 0,5 - 0,6 per cento in più che non tende a diminuire e che erode la competitività sui mercati internazionali".

(6 febbraio 2004)


Fonte: La Repubblica online

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