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Cresce il carovita Ma l'Istat non lo sa - venerdì 16 gennaio 2004 at 10:04

L'indice ufficiale dei prezzi segna +2,7% nel 2003. La Cgil: dato lontano da quello reale
Cresce il carovita. Ma l'Istat non lo sa

Roma . Forse la matematica non è un opinione, ma è certo che l'Istat, complici anche errori prima negati e poi ammessi, non fa nulla per rendere credibili le sue rilevazioni. Mentre tutto il paese è scosso da lotte di lavoratori le cui buste paga, prigioniere dell'inflazione programmata, non riescono più a star dietro alla corsa dei prezzi, gonfiati dall'euro e dalle speculazioni di imprenditori e commercianti senza scrupoli, l'istituto centrale di statistica chiude il capitolo inflazione per il 2003 certificando un poco attendibile +2, 7%. Se è vero infatti che questo dato registra comunque una tendenza all'aumento del costo della vita superiore al 2002 (+2,5%), resta il fatto che siamo di fronte a stime che fanno a pugni con la realtà che i consumatori toccano ogni giorno quando si recano a fare i loro acquisti.
Le perplessità aumentano quando si scopre che le rilevazioni centrali sull'andamento dei prezzi, effettuate dall'Istat, vengono contraddette dai dati provenienti dalle città campione, che indicano una crescita più alta. E la polemica infuria. L'Intesa dei consumatori attacca il presidente dell'istituto, Luigi Biggeri, al quale si chiede di fornire le «prove documentali a supporto delle asserite diminuzioni dei prezzi rilevati direttamente dall'ente». Anche i sindacati scuotono la testa. L'inflazione annua al 2, 7% è «al doppio delle previsioni della Finanziaria e lontana da quella reale», commenta la Cgil. «I dati non corrispondono alla realtà» afferma la Cisl e a dimostrarlo è «la domanda proveniente dal mondo del lavoro di sostenere redditi ormai falcidiati dall'aumento dei prezzi». Per la Uil, i dati dimostrano che «le politiche virtuose messe in atto negli anni precedenti rischiano di essere vanificate da una situazione priva di vero controllo».

Se «il costo della vita in Italia è sempre più alto» afferma Vannino Chiti, coordinatore della Segreteria nazionale dei Ds, la colpa è del governo che invece di intervenire ha «avviato una strisciante, inesorabile ed irresponsabile campagna anti euro, imputando ad esso la causa dell'aumento dei prezzi». Il risultato, osserva Franco Giordano, presidente del gruppo di Rifondazione alla Camera, è che «l'inflazione in Italia è maggiore che nel resto d'Europa, mentre stipendi e pensioni sono tra i più bassi». Colpa dell'inflazione programmata («è la metà di quella reale: un altro furto per le buste paga», denuncia Giordano). Ma non convincono neppure i dati segnalati dall'Istat. «C'è una inflazione a due facce?», chiede polemicamente il capo dei deputati di Rifondazione, con riferimento alla disparità tra i dati dei Comuni e quelli dell'Istat. Il Prc vuole vederci chiaro e ribadisce quindi «la richiesta di convocazione dei vertici dell'Istituto presso le competenti Commissioni parlamentari affinché forniscano i dati in dettaglio delle rilevazioni e dei raffronti effettuati».

Il paradosso è che, a ben guardare, persino l'Istat riconosce che l'inflazione relativa ai beni di largo consumo, come alimentari e prodotti per la casa e la persona, è più alta di quella generale: a dicembre, a fronte di un tasso annuo generale del 2,5%, tali prezzi hanno fatto segnare una crescita del 3,7%. Si tratta, spiegano i tecnici dell'Istat, di quell'inflazione "percepita" di cui tanto si parla. Quando si accorgeranno che proprio quest'ultima è quella reale?
Roberto Farneti
(16 gennaio 2003)


Fonte: Liberazione online







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