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Le diverse anime dei Democratici di sinistra - giovedì 9 ottobre 2003 at 14:16
Tra quercie e margherite alla ricerca del riformismo

Roma. La fotografia dei Ds appare nitida e chiara. La fotografia è quella di un partito che sembra tornato a qualche anno fa: una maggioranza "riformista" compatta attorno alla proposta del segretario e del presidente, una minoranza più divisa che in passato, ridotta rispetto al congresso di Pesaro e anche rispetto a questo ultimo anno di sogno cofferatiano.
E' facile notare che una parte di quella minoranza (Veltroni, Bassolino) è tornata nell'alveo originario, che Salvi non è d'accordo con la proposta del correntone e spinge più a sinistra, che questo infine, capeggiato da Mussi si è ridotto di dimensioni e, avendo perso la leadership di Sergio Cofferati, ha ridotto anche la sua spinta propulsiva.

Ma la fotografia per quanto nitida è ingannatrice. Non corrisponde all'attuale realtà del maggiore partito della sinistra. Non comprende molte immagini, molti messaggi e molti umori. E' l'apparenza insomma che nella migliore delle ipotesi è solo una parte di una realtà più complessa.

Quale è allora questa realtà?

Il partito riformista
Intanto quella netta divisione fra maggioranza e minoranza non riguarda i contenuti sociali e programmatici, ma riguarda strettamente la formazione o meno di un partito riformista. E' per così dire una divisione che riguarda la forma del prossimo agire politico e non la sostanza di quell'agire.

Se si va a questo il quadro cambia. Cambia intanto per la sinistra Ds che oggi propone contenuti programmatici radicali e su questi appare nettamente influenzata dai movimenti. Alla recente riunione del correntone la relazione di Fabio Mussi aveva una impronta politico culturale precisa e di rottura rispetto alla politique politicienne. Affrontava i grandi temi del pianeta, la pace, la guerra. Si misurava col mercato per denunciarne l'incapacità di risolvere i problemi mondiali e nazionali. Tentava, insomma, una fuoriuscita complessiva e coerente dal pensiero unico. Una relazione e una discussione impensabile qualche mese fa che rende più fluido il dialogo a sinistra e più facile il rapporto con il movimento.

Una radicalità altrettanto importante in Socialismo 2000 di Cesare Salvi che non vuole il partito riformista perché crede nella possibilità di costruire "un grande partito socialista e di sinistra" perché teme che nel partito riformista si possano edulcorare i contenuti e le opzioni di sinistra.


Globalizzazione
e mercato
Ancora più interessante e l'osservazione della cosiddetta area riformista. Essa si presenta tutt'altro che compatta. All'opposto è attraversata da un sommovimento profondo i cui esiti sono tutt'altro che scontati. Intanto è cambiato in gran parte di essa l'atteggiamento nei confronti della globalizzazione e del mercato. Della prima si sono misurate tutte le nefaste conseguenze e si è visto quanto essa non si sia lasciata addomesticare da alcuna moderata riforma. Questo non spinge certamente oggi un partito che si è caratterizzato per un neoliberismo temperato sulla strada della critica radicale alla globalizzazione, ma ha insinuato più di un dubbio. Così come si è insinuato un dubbio sulle magnifiche sorti progressive del mercato, dell'impresa, della ricetta che appariva infallibile della flessibilità. Se oggi dovessimo definire lo stato d'animo politico della maggior parte della cosiddetta area riformista diremmo che essa è dominata dalla mancanza di certezza su questioni che fino a qualche tempo apparivano risolte dalla ricetta neoliberista. Un esempio su tutti quello della riforma delle pensioni. La maggior parte dei Ds solo qualche tempo fa avrebbe approvato con qualche correzione di maquillage la riforma di Berlusconi. Oggi non può dirlo e non solo perché è all'opposizione, ma perché nutre seri dubbi sulla efficacia di quella ricetta. La posizione della Cgil, la ritrovata unità sindacale hanno fatto cadere gli alibi e hanno portato ad un ripensamento anche in coloro che apparivano i più accaniti sostenitori del mercato, delle privatizzazioni e così via.


I rapporti
con la Margherita
Notare questi cambiamenti - sia ben chiaro - non significa dire che i problemi sono risolti e che oggi il maggior partito della sinistra nelle sue varie articolazioni si dirige ad una politica di opposizione chiaramente contrassegnata a sinistra. Molti e molto profondi sono ancora i margini di incertezza per poter dare un giudizio nettamente ottimista. Molta è ancora la strada da percorrere. Se guardiamo ad esempio i rapporti con la Margherita, l'evoluzione di questo partito e il suo ruolo nell'Ulivo non si può non constatare su alcune importanti questioni sociali uno spostamento a destra. Prendiamo ancora una volta la cartina di tornasole della controriforma delle pensioni. Le dichiarazioni dei leader della Margherita non ne contestano i contenuti, anzi li apprezzano. La loro posizione è così netta che ha portato ad una rottura latente, ma evidente, con il sindacato anche con quella Cisl di Pezzotta che appariva l'interlocutore naturale. La Margherita non ha apprezzato la proclamazione dello sciopero generale cosi come non ha apprezzato le controproposte dei tre sindacati.

Allora la domanda che oggi si pone a tutti ai Ds, alla sinistra, ma anche a Rifondazione è la seguente: nel quadro variegato e mosso della sinistra quale spinta vincerà alla fine? Quella che viene dal vecchio Ulivo che porta ad allinearsi inevitabilmente in nome dell'unità sulle posizioni più moderati, o quella innovatrice e propulsiva che può venire dal fronte delle opposizioni?

Ritanna Armeni
(9 ottobre 2003)


Fonte: Liberazione online

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