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Bertinotti e il popolo Ds - mercoledì 17 settembre 2003 at 02:12

Bologna - Sono le nove di sera precise e il Palaconad, tendone allestito per i dibattiti della festa nazionale dell'Unità di Bologna, è già colmo. A momenti inizierà l'incontro fra il segretario di Rifondazione comunista, Fausto Bertinotti, per la prima volta ospite della festa diessina, ed il coordinatore del correntone Ds, Fabio Mussi. La speranza implicita del titolo "Uniti si vince" oltre che nei manifesti dell'appuntamento si legge nelle facce delle migliaia di giovani, anziani, uomini e donne, pronti a scatenarsi in un lungo applauso quando i due protagonisti fanno il loro ingresso sul palco, accompagnati dal moderatore Antonio Di Bella, direttore del Tg3. Dal calore dell'accoglienza si capisce subito quanto sia forte la necessità di avere delle risposte, di essere confortati da coloro che possono, anzi devono, liberarli da Silvio Berlusconi. Perché del Cavaliere «non se ne può proprio più».
E i due non si fanno pregare. Specialmente Bertinotti che chiarisce subito che «non ci troviamo più in condizioni ordinarie. E i danni del governo possono diventare irreversibili». Da qui l'esigenza di «andare il più rapidamente possibile al voto» e di cacciare coloro che «essendo alla frutta non sanno più cosa fare, tranne che minare le radici della società civile per nascondere il loro fallimento. E che per questo, sono pericolosi». Uno scroscio di applausi e i segni di condivisione che Mussi lancia con il movimento della testa accompagnano le parole del segretario del Prc. La realtà dell'urgenza viene ammessa anche da Mussi che, rivolto alla platea ammette «di non poter più sbagliare, perché non ce lo perdonereste. E sappiamo di non avere 50 anni di tempo, anche perché corriamo il rischio di arrivare alle elezioni con la Costituzione stravolta». Riconosciuto il "perché" della domanda che viene dal basso, resta però da trovare il "come" della risposta.

Ed il primo passo da fare è quello di «lasciare alle spalle quello che è stato in passato, senza rinfacciare niente a nessuno. Reciprocamente» puntualizza Mussi. Impegno condiviso anche da Bertinotti, che si spinge oltre trovando nella «desistenza, che altro non era che l'assenza di un accordo programmatico» la causa della rottura della coalizione di governo. Ecco perché è necessario «mettersi d'accordo prima» e farlo adesso, nel momento in cui «l'avversione a questa maggioranza è cresciuta ovunque, anche fra i suoi sostenitori. E se non capiamo questo non si può neanche iniziare a fare politica». Ecco che il popolo della festa si spella la mani verso colui che un tempo consideravano l'artefice della caduta del governo Prodi.

Alla stessa visione del passato, si deve però affiancare una linea comune per il futuro. La visione di Mussi, nell'attesa di capire «la sostanza della proposta della lista unica riformista», è quella di «un Ulivo in cui si stringano i legami, con un manifesto ed un simbolo comune, ma» ma «senza Rifondazione, senza le idee di Rifondazione, non si va neanche alle elezioni». Finito di applaudire, Bertinotti illustra la sua idea di «una sinistra riformista ed una "radicale" già esistenti, di cui vanno definiti i confini. Abbiamo bisogno di ri-dislocare le forze per avere tutti competizione all'interno dell'unità». Unità che serve per contrastare la «crisi del modello di sviluppo capitalistico, che ha portato l'Italia a viaggiare con due monete: l'euro per i prezzi e la lira per i salari, che ha esasperato la precarietà e che ora ha nel mirino le pensioni. Che ha portato gli anziani ad una condizione sociale di isolamento e che poi non sa neanche curarli. Che ha distrutto l'ambiente e che come rimedio propone il ponte sullo stretto di Messina». Bertinotti parla, Mussi annuisce e poi dice la sua: «Ci sono leggi da abrogare, come la legge 30 e c'è un Pil da risollevare, con una politica di ri-distribuzione dei profitti, a vantaggio degli stipendi dei lavoratori». Stavolta è Bertinotti a dire di sì con la testa ed a rilanciare: «La crisi economica è di fondo e riguarda tutto il globo. Non possiamo non esultare per l'esito del vertice di Cancun, ma dobbiamo interrogarci sulla reale alternativa alle politiche neo-liberiste. Perché dall'altra parte c'è un nucleo di estremisti guerrafondai che incalza, e sono i neo-cons. La globalizzazione ha prodotto solo danni, primo fra tutti l'impero americano. Il loro concetto di libero mercato presuppone la possibilità di procacciarsi manodopera laddove costa meno, ma la libera circolazione delle merci non è mai esistita». Anche questa è una realtà che «è davanti al suo fallimento. Il fallimento di relazioni politiche e commerciali inique. E per nasconderlo propagandano guerre. Ecco perché noi dobbiamo superare l'idea contemporanea dell'Europa. L'Unione fra Stati che ha solamente regolato i mercati e che è diventata succube degli Usa è inaccettabile. La futura Europa si dovrà basare sulla nostra tradizione. Noi non vogliamo morire americani». «Ma se loro sono diventati più pericolosi - conclude il segretario di Rifondazione comunista - noi siamo attraversati da grandi movimenti. E non possiamo tradirli».

Chiarita la volontà di coinvolgere tutte le forze sociali ed i movimenti in ogni processo decisionale, italiano o globale che sia, Bertinotti ascolta Mussi dire che «un altro mondo è possibile. E bisogna iniziare a costruirlo da subito. Che cosa stiamo aspettando?».

L'incontro si conclude con il bagno di folla per i protagonisti. Il nuovo ciclo è nell'immagine del popolo Ds che, dopo averlo applaudito per le due ore di dibattito, si stringe calorosamente attorno a Fausto Bertinotti, cercando una stretta di mano e esprimendogli approvazione. La base di un accordo c'è, tutti l'hanno capito. Rimane solamente l'impazienza di vedere cosa verrà costruito sopra questa base.
Andrea Milluzzi

(17 settembre 2003)


Fonte: Liberazione online

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