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Segnata la fine dello stabilimento - sabato 26 luglio 2003 at 21:17
Vertenza Pignone. Destinate al gruppo 96 mobilità lunghe. La richiesta firmata Fim e Uilm
Segnata la fine dello stabilimento
L'amarezza di Piperno (Slai Cobas): «Purtroppo avevamo ragione»

Vibo Valentia - Tutto inutile. Non è servito niente: la protesta degli operai, la solidarietà delle istituzioni, la partecipazione della gente comune. E poi i cortei e le manifestazioni di piazza. Neanche le riunioni nei palazzi che contano. Il Nuovo Pignone è destinato a morire. E l'agonia, prima che gli operai sfollino quell'imponente stabilimento di Vibo Marina, prima che le macchine fermino definitivamente il ciclo produttivo, sarà lunga e inesorabile.
Ma andiamo per ordine. Il 14 luglio i vertici italiani della General Electric e le organizzazioni sindacali avevano sottoscritto l'accordo per il ritiro della cassa integrazione straordinaria, biennale, a zero ore, e senza rotazione, per 43 lavoratori dello stabilimento vibonese del Nuovo Pignone, commutandola poi in ordinaria, semestrale, a rotazione, per un numero di operai che sarebbe oscillato, secondo le varie contigenze, da 26 a 40 . La contropartita per il retrofront della Ge era rappresentata dalla procedura di mobilità corta per 15 metalmeccanici dello stabilimento vibonese. Un prezzo forse caro, ma inevitabile per ottenere dall'azienda un passo indietro rispetto alle iniziali intenzioni.
In linea teorica, constatando che l'accordo siglato dalle organizzazioni sindacali era anche supportato da un piano di investimento di oltre un miliardo di vecchie lire, si sarebbe avviato un processo di rilancio del sito di Vibo Marina. Gli eventi, però, erano destinati comunque a precipitare, nuovamente.
Il 17 luglio, infatti, (è qui la clamorosa novità) il ministero del Lavoro ha emanato il decreto con il quale è stato assegnato il numero delle mobilità lunghe per le aziende che ne avevano fatto richiesta. 96 di queste, che potranno essere utilizzate fino al 31 dicembre del 2004, appartengono al gruppo Nuovo Pignone. L'accordo per la richiesta di queste nuove mobilità è stato firmato da Fim-Cisl e Uilm-Uil, secco il rifiuto da parte della Fiom-Cgil. Non si sa ancora cosa accadrà nell'immediato, ma è certo che oltre al numero dei cassintegrati, oltre ai 15 in mobilità, nuovi posti di lavoro, gli ennesimi, saranno persi nel cuore pulsante del comparto metalmeccanico della nostra provincia. La mobilità stavolta è "lunga" e non è volontaria: quanti giovani padri di famiglia perderanno il proprio impiego? E poi, al di là dell'accordo firmato il 14 luglio, con la sottoscrizione della richiesta di nuovi ammortizzatori al ministero del Lavoro, Fim e Uilm hanno forse segnato un'inesorabile, lunga, lenta agonia del Nuovo Pignone, non solo a Vibo Valentia, ma in tutta Italia?
Sono queste le domande che si pone l'opinione pubblica e il coordinamento dello Slai Cobas, che con il suo responsabile provinciale, Nazzareno Piperno, esprime «tutta l'amarezza per avere avuto ragione». Il sindacalista autonomo sostiene inoltre che «a Vibo rimarrà solo un polo di ricerca per il settore e lo stabilimento vero e proprio non sarà altro che un lontano ricordo. Mi rendo conto che noi dello Slai ­ ha aggiunto Piperno - diventiamo antipatici, ma adesso mi pare che la situazione sia sotto gli occhi di tutti, siamo in presenza di sindacati che firmano solo tagli e basta. Il complesso linguaggio sindacale che hanno usato per commentare l'accordo del 14 non ha fatto altro che celare la realtà dei fatti all'opinione pubblica, il Pignone è destinato a morire».
Gli strali di Piperno sono rivolti a Fim e Uilm, che «firmano accordi a casaccio», ma anche alla Fiom che ha dalla sua «una base operaia forte, invidiabile, per questo non si permette fughe in avanti, ma alla fine ­ ha concluso Piperno ­ dopo il tempo necessario per convincere i suoi operai, la Fiom avallerà l'utilizzo degli ammortizzatori, come accaduto con quell'accordo per la mobilità corta, da cui si era ritirata a marzo e che poi ha sottoscritto il 9 luglio».
Pietro Comito
(Sabato 26 luglio 2003)

Fonte: Il Quotidiano della Calabria online



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