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LA PRIVATIZZAZIONE DELL'ENEL E' IMMORALE - giovedì 3 luglio 2003 at 01:30

Appartengo al gruppo di quei dipendenti Enel che, dopo la nazionalizzazione dell'Ente, procedettero all'assorbimento delle piccole centrali private che producevano energia elettrica.
Mi diverto spesso a raccontare, alle persone che si dichiarano non d'accordo sulla nazionalizzazione, lo stato disastroso di gestione e manutenzione in cui erano tenuti i diversi impianti gestiti da privati che furono assorbiti nel corso degli anni 60-70 dall'Enel.
Ricordo che sovente le linee dell'energia erano ancorate a pali di legno logori e marci che non potevano garantire l'incolumità delle persone che dovevano arrampicarsi su tali sostegni per raggiungere gli isolatori per le manutenzioni straordinarie.
Ed infatti, in quegli anni, gli incidenti sul lavoro erano altissimi e solo con l'arrivo dell'Enel divennero nel tempo rarissimi.
Spesso le linee erano attaccate anche agli "alberi" con la possibilità, se qualcuno si riparasse sotto in caso di pioggia, di rischiare la folgorazione se involontariamente si fosse appoggiato al tronco di quell'albero.
L'Enel negli anni ha proceduto al risanare completamente linee di trasporto ed impianti e tale operazione non fu indolore in quanto l'Azienda, a differenza di Iri, Eni, ecc..., che avevano ricevuto sostanziosi fondi di dotazione, dovette procedere a recuperare il capitale necessario per gli investimenti indebitandosi fino all'osso con l'emissione di obbligazioni e corrispondendo alti interessi per attirare i compratori.
Può darsi che nel tempo, l'Enel si sia trasformato in un carrozzone per via delle pesanti intromissioni dei politici che hanno condizionato e lottizzato le assunzioni del personale. Ma questo non avviene un po' dappertutto ancor'oggi in molte amministrazioni pubbliche locali dove i politici la fanno da padroni?
Ma senz'altro i benefici della nazionalizzazione furono raccolti a piene mani dalla generalità dei cittadini soprattutto negli allacciamenti dell'energia elettrica che avevano quasi un costo politico e che permisero, sempre in quegli anni, a tante famiglie che occupavano abitazioni dislocate anche in alta montagna o in aperta campagna di poter disporre dell'allacciamento dell'energia elettrica, sempre a prezzo politico, con l'iniziativa dell'elettrificazione rurale.
Tali benefici, con l'introduzione del badget e delle regole di mercato, oggi sarebbero impensabili, ma sarebbe anche impossibile, per tale abitazioni dislocate in località disagiate, poter accedere al servizio elettrico ai bassi costi vigenti in quegli anni.
Ma questo è anche il prezzo che uno stato democratico deve pagare se vuole rendere più civile e meno pesante la vita dei propri cittadini.
Purtroppo la memoria della gente è corta e spesso si sparla a sproposito, soprattutto quando non si ricordano più certi benefici ottenuti.
Sono d'accordo che tale situazione non poteva durare nel tempo e che, prima o poi, con le leggi dell'economia e del mercato bisogna fare i conti.
Ma c'era proprio bisogno di denazionalizzare? O forse non era solo necessario moralizzare e razionalizzare?
E per fare questo era proprio necessario privatizzare o svendere un patrimonio della nazione (e, quindi, dei cittadini) regalando nuovamente ai privati (che erano stati adeguatamente e profumatamente indennizzati con la nazionalizzazione) una risorsa che potrebbe continuare ad essere gestita dallo stato con pari capacità e competenza al confronto dei privati?
Ma dove sta scritto che un Ente pubblico non abbia la possibilità di gestire alla stregua di una struttura privata certi gioielli di stato?
Il problema, a mio avviso, sta soltanto nella volontà della politica di decidere un modello di gestione privo di interferenze e logiche di partito, individuando gli obbiettivi da raggiungere e nominando un Consiglio di Amministrazione che abbia la piena libertà di raggiungere quegli obbiettivi anche con ristrutturazioni pesanti che prevedano tagli al personale se la logica dell'efficienza economica dimostrasse che gli organici di quell'azienda fossero sovradimensionati o artificiosamente gonfiati.
Insomma un Tatò di turno al servizio dello Stato, senza lacci o lacciuoli, non avrebbe potuto ottenere gli stessi risultati ottenuti operando per un'azienda privata per realizzare quei profitti necessari ed indispensabili a garantire bilanci in attivo e possibilità di avviare gli investimenti necessari (e le diversificazione delle attività produttive) per lo sviluppo ulteriore di quell'azienda pubblica?
Premesso che, nonostante gli indebitamenti iniziali, l'Enel era riuscito a conseguire il pareggio di bilancio ancor prima che si parlasse di privatizzazione, ed ancor prima che arrivasse Chicco e Tatò nell'Enel, perchè consentire nuovamente ai privati di reimpossessarsi di una risorsa così importante ed indispensabile per la gestione dell'economia nazionale?
Perchè nessuno si sforza di pensare che fra 50-60 anni, quando gli impianti saranno stati sfruttati al massimo a scapito principalmente delle manutenzioni e dell'efficienza, forse gli stessi privati faranno nuovamente pressione affinchè lo stato intervenga nuovamente a rinazionalizzare per conseguire nuovi profitti rivendendo aziende distrutte ed ormai al collasso?
Purtroppo, quando tutto questo avverrà testimoni come il sottoscritto non saranno più in vita per ribadire il proprio disappunto ed elevare la propria denuncia e certamente la storia si ripeterà perchè la memoria della gente è corta e la disonestà di tanta altra gente immensa.
Santoro Salvatore Armando

(3 luglio 2003)



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