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Rischia di finire nel sommerso l'80 % dei Co.co.co - venerdì 20 giugno 2003 at 12:36
Precariato, sono 6 milioni i lavoratori atipici
Ormai rappresentano il 27 per cento degli occupati
Rischia di finire nel sommerso l'80 per cento dei Co.co.co
La legge prevede contratti a progetto, ma pochi vi rientreranno
Le imprese dovranno decidere se assumere o licenziare tutti gli altri

ROMA - Sono due milioni e 400mila, la categoria di lavoratori più "pesante" in assoluto, il "nocciolo duro" del pianeta-precari, che è fatto di sei milioni di "atipici". Oggi rappresentano l'11 per cento del totale occupati, ma hanno poche certezze, pochi diritti e, in prospettiva, un trattamento pensionistico risibile. È dura la vita del giovane Co.co.co., il collaboratore coordinato e continuativo, altrimenti detto parasubordinato: non può programmare il futuro, gli è quasi impossibile un mutuo, trova duro persino firmare un contratto di affitto e, nel 60 per cento dei casi, guadagna meno di 7.500 euro l'anno. Come se non bastasse, adesso rischia di perdere anche il "posto" di precario e di scivolare all'ultimo gradino della scala occupazionale, quello nel lavoro nero.

Nel decreto attuativo della riforma del mercato del lavoro, che abolisce le collaborazioni coordinate e continuative per sostituirle con i contratti a progetto, si legge che i rapporti di collaborazione instaurati senza l'individuazione di uno specifico progetto (nel contratto devono essere precisati durata, contenuti del progetto o programma di lavoro, corrispettivo salariale) saranno considerati "rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato sin dalla data di costituzione del rapporto".

Ecco allora che mentre il governo parla di "stabilizzazione del rapporto di lavoro", la Confindustria lancia l'allarme-rigidità e alcuni giuristi del lavoro paventano addirittura un automatismo dalle conseguenze drammatiche: se non sei lavoratore a progetto sarai assunto a tempo indeterminato. Un terremoto, dicono. Tanto più sconvolgente in quanto, secondo gli economisti on line della Voce.info, solo un quinto dei Co.co.co. è riconducibile, oggi, a un lavoro "a progetto". Tutti gli altri (circa due milioni) potranno essere considerati dipendenti a tempo indeterminato.

Ma sarà veramente così? In realtà l'articolo 86 del decreto, contenuto nelle norme transitorie e finali, offre una "via d'uscita" ai datori di lavoro: "Le collaborazioni coordinate e continuative che non possono essere ricondotte a un progetto o a una fase di esso mantengono efficacia fino alla loro scadenza e in ogni caso non oltre un anno dalla data di entrata in vigore del presente provvedimento", dice. Insomma, i datori di lavoro avranno un anno di tempo per decidere se espellere quei lavoratori (senza articolo 18) o assumerli. In questo secondo caso, però, dovranno farlo a tempo indeterminato.

Di qui la tentazione di cominciare a pagarli in nero o in alternativa di allontanarli. L'Ulivo già parla di prevedibile esplosione del lavoro nero. E la "Voce.info" prevede lunghi e inevitabili strascichi di contenzioso per molti di quei due milioni di parasubordinati a rischio di cessazione del rapporto di lavoro.

Di fronte a questa generale incertezza, i soli Co.co.co. che avranno un sicuro paracadute saranno quelli "già tutelati". Chi sono? Sono quelli che hanno anche un lavoro di dipendente o una pensione. Nel suo "Terzo rapporto sul lavoro atipico in Italia", l'Ires-Cgil rileva infatti che il 23,1 per cento dei collaboratori coordinati e continuativi è anche lavoratore dipendente e l'11,1 per cento è pensionato.

Il rapporto fotografa l'intero universo degli atipici e in particolare dei Co.co.co. Vi si legge che oltre il 55 per cento dei parasubordinati è occupata al Nord, il 23% al Centro, il 20 al Sud, dove la media del reddito si abbassa drasticamente. È a Roma e nel Lazio, tuttavia, che i parasubordinati pesano di più sul totale dell'occupazione: sono il 13,3, a fronte del 6,6 per cento della Calabria, ultima in classifica. Il 38,1 per cento, la fascia più nutrita, sono amministratori e sindaci di società e questo alza un po' la media dei compensi.
RICCARDO DE GENNARO
(20 giugno 2003)


Fonte: La Repubblica online



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