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Nuovo Pignone, fuori 43 operai - venerdì 6 giugno 2003 at 10:07
L'azienda annuncia un periodo di cassa integrazione di due anni. Vertice in Prefettura alla presenza del sindaco
Nuovo Pignone, fuori 43 operai
Esplode la rabbia dei lavoratori: occupata per due ore la statale “522”

Vibo Valentia - «È la fine». Gli operai del Nuovo Pignone sono scesi in lotta. Ieri mattina, per circa due ore, hanno bloccato la statale “522”, la strada che porta a Tropea. Obiettivo: richiamare l'attenzione sull'ennesima vertenza scoppiata improvvisamente nello stabilimento metalmeccanico di Vibo Marina. Ma questa volta la situazione è molto più preoccupante di quelle precedenti. L'azienda intende collocare in cassa integrazione straordinaria, a zero ore e per due anni, 43 lavoratori. Un colpo basso, che rischia di vanificare quelle tenui speranze di ripresa alimentate in passato solo allo scopo di fare passare i piani di ristrutturazione. La decisione dell'azienda è stata comunicata mercoledì pomeriggio. I componenti della Rsu ne hanno preso subito visione ed hanno informato i segretari provinciali di categoria: Fim-Cisl, Fiom-Cgil e Uilm-Uil. La reazione, naturalmente, di fronte a questa amara prospettiva, è stata forte. Ieri il sindacato ha proclamato due ore di sciopero durante le quali le maestranze hanno bloccato la strada del mare, mentre una delegazione è stata ricevuta dal prefetto Gianfranco Casilli. All'incontro ha partecipato anche il sindaco Elio Costa. Il tutto è servito per mettere in moto la macchina della solidarietà nei confronti dei lavoratori e della mediazione politico-sindacale. Il prefetto, dopo aver ascoltato i componenti della Rsu unitamente ai rappresentanti provinciali delle organizzazioni di categoria, ha convocato i responsabili aziendali dello stabilimento di Vibo Marina, anche se in questo caso saranno i dirigenti nazionali a dovere assumere eventuali impegni. Nei prossimi giorni seguiranno riunioni a raffica all'interno del Nuovo Pignone, in Prefettura e palazzo “Luigi Razza”: il sindaco, di fronte alla gravità della situazione ed al rischio della perdita di tanti posti di lavoro, ha detto che si farà promotore di un consiglio congiunto (Comune-Provincia) allo scopo di richiamare l'attenzione del governo sulla crisi che in questo momento sta investendo quella che fino a qualche anno addietro era l'azienda leader del Vibonese e che oggi rischia seriamente di essere smantellata. La stessa tensione si vive in Prefettura dove si sta preparando una riunione allargata ai parlamentari, agli assessori regionali, ai consiglieri regionali, forze sociali e politiche. Insomma saranno giorni di grande fermento sociale attorno al Nuovo Pignone. I margini per la trattativa sembrano molto stretti. La lettera dell'azienda parla chiaro: «L'unità di Vibo Marina presenta da tempo una situazione di pesante squilibrio tra apparato produttivo, commerciale e amministrativo-finanziario che è di pregiudizio in ordine alla sua capacità di competere sul mercato globale e conseguentemente di generare le risorse necessarie all'autoalimentazione del processo produttivo». Da qui, sulla base di un'accurata analisi, la necessità di dare attuazione ad un programma di riorganizzazione, avente come obiettivo il conseguimento di una reale capacità competitiva da parte dello stabilimento di Vibo Marina», di ricorrere alla cassa integrazione. I tagli riguardano tutti i reparti: dalla meccanica alla alettatura, dalla carpenteria alla saldatura. Attualmente al Nuovo Pignone lavorano 127 unità. I tempi in cui a varcare i cancelli dell'azienda erano in 400 sono ormai lontani. «È la fine», ha commentato visibilmente amareggiato un vecchio lavoratore. «Qui – ha aggiunto Giuseppe Garrì della Fim provinciale e componente della Rsu – gli impegni assunti nel 1998 sono stati completamente disattesi. Dove sono finiti i refrigeratori con tubo ovale e gli investimenti per quanto concerne la ricerca? Non esiste alcun piano industriale. Eppure abbiamo accettato, e con tanti sacrifici, il piano di ristrutturazione». E Nazzareno Denami, della Fiom Cgil, ha aggiunto: «Lo stabilimento in questi anni ha perso credibilità e professionalità». (n.l.)

(venerdì 6 giugno 2003)

Fonte: Gazzetta del Sud online


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