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Atenei, il Sì sale in cattedra - martedì 3 giugno 2003 at 10:51

Art. 18, si moltiplicano gli appelli in molte università: Genova, Roma, Ancona e Bologna
Atenei, il Sì sale in cattedra

«Le leggi del mercato non possono cancellare il diritto alla dignità di chi lavora». Anche se non si può parlare di un fermento vero e proprio, l'Università è un altro di quei mondi "non direttamente" interessati dal referendum sull'articolo 18 ma fortemente in sintonia con il "Sì ai diritti".
Insomma, una occasione per invertire la tendenza in atto. Non sono poche le accademie, in giro per l'Italia, dove i docenti firmano volentieri questo o quell'appello per il Sì al referendum. Sarà per la precarietà dilagante, che ormai interessa tutti i livelli e tutti i settori. Sarà per la privatizzazione. Sarà, infine, per l'asservimento della ricerca alle grandi corporate della farmacologia o della medicina (ma ormai i campi si estendono sempre di più).

A Roma, presso la Sapienza, sono almeno una sessantina le firme, tra docenti e dottorandi, in calce a un appello per il Sì al referendum del 15 giugno. «Votando Sì al referendum possiamo affermare che le leggi del mercato non possono cancellare il diritto alla dignità di chi lavora e possiamo creare condizioni favorevoli per una forte e vasta iniziativa che si opponga all'assoggettamento al mercato di beni primari per l'umanità quali la salute, l'istruzione, la formazione». I firmatari dell'appello intendono non solo riaffermare «con forza» il carattere pubblico della formazione, del sapere e della ricerca scientifica contro l'assoggettamento agli interessi dei grandi gruppi privati internazionali, (e la conseguente precarizzazione del lavoro in generale), ma anche rendere praticabile «una grande battaglia contro un sistema di brevettazione privata che limita la circolazione del sapere, schiaccia la ricerca scientifica sull'innovazione tecnologica e sulle idiosincrasie del mercato, rende impraticabile o drasticamente limitato il fondamentale controllo incrociato della comunità scientifica sui risultati delle ricerche, rende precaria la condizione di lavoro e di vita dei giovani ricercatori e scienziati per i quali è fondamentale, per poter lavorare e fornire il loro contributo alla scienza ed all'umanità, l'accesso ai risultati già raggiunti».

Lo stesso appello è approdato all'interno dell'ateneo di Genova e degli Enti di Ricerca della Liguria. Circa una trentina le firme raccolte, tra cui quelle di docenti, ricercatori, personale tecnico amministrativo, dottorandi, assegnisti, precari e borsisti. Altri documenti vanno prendendo spazio anche in altre università, tra cui quelle di Ancona e Bologna. Tra le firme anche quelle di Giorgio Ghezzi e Piergiovanni Alleva. Votare Sì significa: dare ai lavoratori un indispensabile strumento di tutela; salvaguardare uno strumento di partecipazione diretta dei cittadini; coerenza del sistema legislativo; negare la reintegrazione come misura sproporzionata; respingere gli attacchi del governo; aprire la via a un forte impulso ai progetti di riforma, «già predisposte dalle forze progressiste». «L'articolo 18 - scrivono Ghezzi, Alleva e anche Amos Andreoni e Giovanni Naccari - non costituisce una remora all'assunzione di nuovi lavoratori. Il vero è che le imprese, piccole o grandi che siano, assumono personale sole se ne hanno bisogno per la loro attività economica. Altre sono le ragioni di politica economica e industriale per le quali l'occupazione ristagna: su di essere, se mai, dovrebbe svolgersi un serio confronto scientifico e politico».

E' vero, come sostengono alcuni detrattori dell'estensione dell'articolo 18, che i tempi sono cambiati. Ma in peggio. Sono oggi più del 90%, infatti, le imprese con meno di 15 dipendenti.
Fabio Sebastiani
(martedi 3 giugno)

Fonte: Liberazione online

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