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Gli italiani chiedono un lavoro stabile - martedì 27 maggio 2003 at 11:29
Sondaggio di Mannheimer: la disoccupazione, primo problema. La Cgil: la precarietà non viene percepita come soluzione
Gli italiani chiedono un lavoro stabile

Altro che Prodi e Cofferati: se il centrosinistra vuole vincere alle prossime elezioni politiche è meglio che impari a sintonizzarsi con la maggioranza degli italiani. Che sono stanchi di lavori precari e mal pagati e chiedono a gran voce più stabilità e maggiori tutele. I sondaggi parlano chiaro: c'è una maggioranza di elettori che il 15 giugno si recherà alle urne e che voterà Sì al quesito per l'estensione dell'articolo 18. Il dato ormai è assodato. Non è un caso che l'ampio schieramento di forze politiche e sociali contrarie al referendum, anziché confrontarsi a viso aperto, abbia preferito nascondersi dietro l'astensione, confidando nel mancato raggiungimento del quorum.
Il referendum, tuttavia, sembra essere la spia di un malessere più profondo. L'ultimo sondaggio di Renato Mannheimer dice infatti che, secondo gli italiani, la prima emergenza che il governo dovrebbe affrontare è la lotta alla disoccupazione. Non, dunque, la giustizia e neanche la criminalità, anche se nell'immaginario collettivo quest'ultimo tema resta un fantasma difficile da estirpare. L'altra tessera del mosaico la fornisce il Censis, con un'indagine condotta sui ragazzi tra i 15 e i 29 anni. Dalla quale emerge che nel 2002 la loro disponibilità a presentarsi sul mercato del lavoro è diminuita del 6, 1%. «I giovani, al contrario dei loro genitori - afferma il Censis -, sono sempre meno disponibili a muoversi pur di lavorare e cercano, sempre di più stabilità e certezza».

Giampaolo Patta, segretario nazionale della Cgil, tira le somme: «Il fatto che la prima preoccupazione degli italiani sia la lotta alla disoccupazione, nonostante le statistiche ufficiali dicano che il numero dei senza lavoro è in calo - osserva Patta -, è la conferma che queste cifre sono viziate da un alto numero di occupazioni transitorie: lavori a termine, comunque precari, che non vengono percepiti come una soluzione al problema occupazionale. In altre parole, per gli italiani il lavoro vero è quello stabile e con tutti i diritti». I giovani descritti dal Censis lo dicono esplicitamente: «E' normale - prosegue Patta - che una persona cerchi un posto di lavoro stabile e sicuro. Non mi sorprende perciò che molti giovani preferiscano proseguire gli studi piuttosto che accettare lavoretti precari e senza prospettive». Ma la precarietà e l'incertezza - fa notare il segretario nazionale della Cgil - «sono dannose anche per l'economia, in quanto sono tra le cause, con i bassi salari, del calo dei consumi. L'estensione dell'articolo 18 - conclude Patta - va invece nella direzione contraria: accrescere la buona occupazione, favorire la ripresa dell'economia».

Ragionamento che, per ragioni di "bassa bottega", dovrebbe essere condiviso dai commercianti. Sergio Billé, invece, non ha dubbi: secondo il presidente della Confcommercio, in caso di vittoria del Sì «sarebbero a rischio nel prossimo biennio almeno 150 mila posti di lavoro». Altro rischio, secondo la Confcommercio, è rappresentato dall'aumento del lavoro irregolare. Dal momento che i sondaggi dicono «che chi andrà a votare voterà prevalentemente per il sì», l'unica strada, conclude Billé, è quella di non far raggiungere il quorum.

Maurizio Scarpa, segretario nazionale della Filcams, scuote la testa: «Billé alza un polverone per nascondere le sue responsabilità di fronte a chi rappresenta. La verità è che gli esercizi specializzati alimentari di piccole dimensioni nel decennio passato - ricorda Scarpa - sono diminuiti del 23, 8%, il commercio di bevande del 31, 2%, i negozi di frutta e verdura e le macellerie del 26% e del 25%. Contemporaneamente gli esercizi non specializzati, la grande distribuzione, sono aumentati del 140%». Questi dati, sottolinea il sindacalista della Cgil, «dimostrano come non è l'articolo 18 a determinare le sorti di un'impresa, ma altri problemi, a partire dalla politica economica che, anche in questo settore, privilegia i poteri forti».

Quanto alla paventata crescita del sommerso, «Billè - dice Scarpa - dovrebbe sapere che proprio nelle piccole imprese del turismo a carattere familiare, prive dell'articolo 18, c'è un elevatissimo utilizzo del lavoro nero, come hanno accertato le ispezioni dei carabinieri condotte l'anno scorso in Emilia Romagna».
Roberto Farneti
(27 maggio 2003)

Fonte: Liberazione online

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