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Di Pietro: «Dico sì e invito tutti a votare» - domenica 25 maggio 2003 at 12:14
Il leader dell'Italia dei Valori in campo sul referendum per l'estensione dell'art. 18
Di Pietro: «Dico sì e invito tutti a votare»

Nel partito del mare Antonio di Pietro proprio non ci vuole stare. Il leader dell'Italia dei Valori il 15 e il 16 giugno andrà alle urne, perché lo considera un atto di buona educazione civica. Un diritto e un dovere che non si può buttare a mare come se niente fosse. Pena lo stesso valore della politica.
«Personalmente - spiega con il tono deciso che lo caratterizza - dirò sì al referendum per l'estensione dell'articolo 18 e invito tutti, al di là di quello che pensano, ad andare alle urne. Dire ai cittadini di non votare è un esempio di diseducazione civica, vuole dire non avere fiducia nelle istituzioni, non darne ai cittadini nei confronti dello Stato. Invitare all'astensione è un modo, nella contesa politica, per barare».

Lo stesso giorno che dal Lussemburgo Silvio Berlusconi, rompendo malamente il silenzio pre-elettorale, ha annunciato che partirà con la campagna astensionistica contro il referendum, Di Pietro reagisce indignato ricordando come «in un paese normale» tutto questo non sarebbe possibile. Soprattutto anche lui "rompe" il silenzio per dire da che parte sta rispetto a un quesito di cui pochi parlano. Molti temono.


Come Italia dei Valori quale posizione avete assunto?

Abbiamo invitato tutti i nostri militanti, i simpatizzanti, tutti coloro che ci sono vicini ad esprimere il loro parere. Qualunque esso sia. Non abbiamo potuto fare diversamente, perché siamo una formazione politica a trecentosessanta gradi, con un elettorato che non è schierato ideologicamente a destra o a sinistra. Può stare da una parte o dall'altra. Ma anche non essere per nulla schierato e stare alla finestra. Oppure essere solo deluso. Non ci basiamo su un'ideologia politica, ma abbiamo come punto di riferimento i progetti concreti e alcuni valori fondamentali come la legalità e la solidarietà. Abbiamo quindi preferito invitare tutti ad andare alle urne lasciando però libertà di voto. L'importante è che si voti. Sappiamo bene infatti che cosa vuol dire perdere un referendum per mancanza del quorum. Quando fummo promotori del quesito sul sistema elettorale, ottenemmo il 90 per cento di sì, ma non superammo il 50 per cento dei votanti. Nel merito non è che avevamo vinto, avevamo stravinto. Eppure...


Perché Di Pietro dirà sì all'estensione dell'articolo 18?

E' vero che come cittadino ho diritto a mantenere il segreto del voto. Ma come leader di un partito ho ritenuto mio dovere rendere pubblico che cosa penso. Perché voterò sì? Non sono d'accordo che il referendum sia stato fatto. Avrei preferito non trovarmi in questa situazione in cui capisco le ragioni degli uni e degli altri. Penso che sia giusto il discorso di chi dice che, poiché l'articolo 18 è un diritto, non può valere solo per gli occupati in un'azienda con più di quindici dipendenti. Deve valere per tutti. Allo stesso tempo ritengo che sia un errore tutelare i lavoratori estendendo l'articolo 18.


Perché allora ha scelto di appoggiarlo?

Oggi il voto ha assunto un valore, oltre che sindacale, politico. Il quesito posto ha, secondo me, questo significato: «Stai dalla parte dei lavoratori o dei padroni?». Io, Antonio Di Pietro, sono sempre stato dalla parte dei più deboli. I più forti hanno da soli gli strumenti per difendersi. Quindi voterò sì.


Come giudica la campagna astensionistica che accomuna centrodestra e centrosinistra, D'Amato e Cofferati?

Una furbata. Ormai la politica è fatta, a tutto campo, da furbi che si accontentano molto spesso delle vittorie a corto respiro, senza pensare a quello che queste produrranno nel futuro. L'astensionismo che, oggi può essere utile a una forza politica, domani gli si può ritorcere contro. Noi dell'Italia dei Valori, il giorno dopo che verrà approvata la legge sull'immunità, inizieremo a raccogliere le firme per il referendum abrogativo. Chi lo ha fatto sa quanto sia complicato metterne insieme cinquecento, seicentomila e farle autenticare. Un lavoro immane che viene comunque portato avanti per dare uno strumento ai cittadini, un'occasione per esercitare un loro diritto. Sapere che ci sono partiti che, da una parte e dall'altra, anche del centrosinistra e della sinistra, invitano all'astensione per non affrontare il confronto a me pare una furbata intollerabile. Una vittoria costruita a tavolino.


Tra questi, ora si è schierato esplicitamente anche Berlusconi, rivelando quello che era sotto gli occhi di tutti. Il referendum fa paura meglio astenersi...

In un paese normale sarebbe un fatto gravissimo. Il presidente del Consiglio dovrebbe essere il primo garante della riuscita del voto. Per lui si può usare la battuta che va tanto: «Meglio perderlo che trovarlo». Vista la situazione del paese, la posizione di Berlusconi non la ritengo comunque più grave di quella assunta dal centrosinistra che in gran parte ha deciso di puntare, sul referendum, all'astensione.

Angela Azzaro
a. azzaro@liberazione. it
(25 maggio 2003)

Fonte: Liberazione online

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