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Parolacce in TV - lunedì 5 maggio 2003 at 23:09
L’anno scorso ero davanti al computer nella mia stanza e mia moglie stava seguendo una puntata della serie televisiva “Commesse” , quando sono stato colpito da una espressione ridondante e abbastanza volgare (non mi rompere i c………), che una delle interpreti , La Pivetti, rivolgeva ad un altro personaggio della trasmissione.
Premetto di non essere un moralista ed ammetto che anch’io a volte adopero un linguaggio alquanto colorito quando sono arrabbiato, ma utilizzare lo stesso linguaggio in una trasmissione televisiva dove gli spettatori appartengono a tutte le fasce sociali, compresi i moralisti, ma dove può esserci anche la presenza di bambini, mi da un enorme fastidio perché ritengo doveroso che una trasmissione pubblica deve produrre cultura e deve offrire ai telespettatori occasioni di crescita e non di imbarbarimento rispettando, fra l’altro, i diversi punti di vista di coloro che stanno davanti ad un televisore.
Per questo, assistendo casualmente nei giorni scorsi ad una trasmissione in TV (non ricordo ne il giorno e ne il canale ma non ha importanza) nel corso della quale veniva messo in discussione, appunto il “linguaggio”, a volte scurrile adoperato dai vari personaggi che appaiono sugli schermi TV, ho constatato, con soddisfazione, che forse non ero la sola persona a cui quel tipo di linguaggio desse fastidio e mi sono fortemente meravigliato del fatto che un tale problema non sia stato sollevato dai passati governi di centro sinistra, non dico per “moralizzare” la TV di Stato ma, perlomeno, per non aumentare il grado di volgarità che è un fatto costante, soprattutto, in certi film o sceneggiati americani che ormai hanno invaso le trasmissioni sia cinematografiche che televisive del nostro paese.
Anche la scuola, istituzione che dovrebbe realizzare la formazione dei giovani, in questi ultimi anni si è lasciata andare ad atteggiamenti lassisti in tale direzione.
Con sempre maggiore frequenza ascoltando per caso le discussioni tra adolescenti davanti ai cancelli scolastici non è difficile cogliere espressioni di una volgarità indicibile che fanno ancora più senso perché ad utilizzare certe espressioni siano delle bambine che sicuramente non si rendono neppure conto del significato delle esclamazioni che impiegano nelle loro discussioni.
Qui, però, c’entra anche la famiglia e, soprattutto, quella appartenente alle nuove generazioni che, forse, convinte da un falso concetto di modernità nell’impiego di certe espressioni utilizzate dai loro figli, evitano di intervenire per far evidenziare l’opportunità di un uso più corretto e più civile del linguaggio e, soprattutto, anche del rispetto che si deve alle persone che possono anche essere infastidite ascoltando certe espressioni che ritengono poco corrette, oppure per il fatto che queste credano che un tale linguaggio possa influenzare negativamente i propri figli o i propri nipoti che sono costretti ad ascoltarlo.
E questo ritengo sia anche un fatto di civiltà, di democrazia e di rispetto verso chi ci sta vicino e penso che la famiglia debba riappropriarsi del proprio ruolo spiegando ai propri bambini che l’impiego di certe espressioni sia inopportuno e che, reagendo a qualche compagno di giochi, si possa utilizzare l’espressione “fatti i fatti tuoi” invece di altre espressioni più pesanti che potrebbero proprio contribuire a dare una patina di volgarità a coloro che adoperano un linguaggio sconveniente e fornire un’immagine esterna non tanto dignitosa della famiglia di appartenenza di quel bambino o di quell’adolescente.
Santoro Salvatore Armando


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