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Acicastello, Una tragedia della disperazione - lunedì 5 maggio 2003 at 22:54

Quello che è successo in questi giorni ad Acicastello, con tutto il rispetto che si deve alle persone loro malgrado coinvolte in questo dramma ed al dolore delle loro famiglie, non deve farci chiudere gli occhi e liquidare con le solite ed estemporanee battute o con la ricerca di inutili e tardive motivazioni sulle cause e sul perché una persona, che fino a qualche giorno prima circolava liberamente per il suo paese, all'improvviso si trasforma in un killer criminale compiendo una strage di persone innocenti.
Il problema, probabilmente, sottende altre situazioni che non possono essere considerate marginali e che, a mio avviso, sono la spiegazione logica di questa esplosione di follia, essendo conseguenza della precarietà occupazionale che regna nel mezzogiorno.
Se Giuseppe Liotta fosse salito su una ciminiera, come già successo a Crotone durante la crisi della Montedison diversi anni indietro, ed avesse minacciato di buttarsi giù o l'avesse davvero fatto, il problema si sarebbe chiuso con un paio di battute, tipo "poveraccio era disperato" e la TV ne avrebbe fatta una scarna cronaca ed il giorno dopo nessuno si sarebbe più ricordato di lui e neppure dei problemi occupazionali. Questi, purtroppo, rimangono irrisolti nel tempo con la loro drammaticità e senza che qualcuno si preoccupi di avviare soluzioni serie e credibili per rimuovere le cause, dell'endemica situazione occupazionale esistente in tutto il mezzogiorno d'Italia, che sono sicuramente alle origini di certe esplosioni di violenza.
Il riproporre ad ogni cambio di governo proposte occasionali, che si traducono magari in miseri contratti d'area che, nei fatti, riducono solo il potere contrattuale e politico del sindacato senza tradursi in nuove e radicali occasioni durature di lavoro, obbligherà centinaia di lavoratori a darsi battaglia per assicurarsi un posto di lavoro precario. E questo darà la massima libertà alle imprese ed alle istituzioni locali di scegliersi la manodopera che preferiscono e, magari, queste ultime, discriminando anche nell'assegnazione di qualche posto di lavoro socialmente utile per ragioni elettoralistiche che poi sono la causa dell'esplosione periodica di episodi di violenza da parte di quelle persone che si sentono discriminate.
Le persone più rassegnate riescono a farsene una ragione e, pur aumentando in loro il malcontento e l'avversione verso le istituzioni che non riescono a risolvere il loro problema e quello delle loro famiglie, riescono con sana razionalità a frenare il naturale impulso alla rivolta che è una caratteristica di tutte le persone che ritengono di essere oggetto di una ingiustizia.
Invece, questa volta ci siamo trovati davanti ad un disperato, che va classificato in una casistica differente, uno di quelli che, forse, avendo subito in passato soprusi ed angherie e che era stato costretto a sopportare anche situazioni sgradevoli perché aveva bisogno di lavorare, nel momento che aveva visto svanire anche l'ultima possibilità di occupazione non aveva saputo controllare i suoi impulsi ed aveva deciso, con un gesto disperato e plateale, di vendicarsi di coloro che riteneva essere causa delle sue disgrazie.
Cosa possa passare in certi momenti nella testa di un siffatto personaggio è difficile comprenderlo ed analizzarlo.
Di sicuro c'è il fatto che la sua non è stata una reazione irrazionale ma sicuramente è scaturita dalla disperazione e dalla convinzione di non avere più nulla da perdere.
E quanti altri potenziali casi analoghi potrebbero ripetersi qua e la per l'Italia e, forse, in maggior misura nel mezzogiorno data l'endemica disoccupazione esistente nelle sue regioni?
E quanti altri disoccupati, pur disapprovando in cuor loro quanto è successo ed esprimendo la loro solidarietà alle vittime, non avranno ritenuto in cuor loro che in fondo certi avvenimenti potrebbero indirettamente far capire a chi ci governa la necessità di mettere mano ad un piano serio e definitivo per garantire al sud, non forme occasionali di assistenzialismo, ma sviluppo e, di converso, lavoro?
Si parla spesso di utili reinvestiti e di una legislazione di sostegno atta ad incoraggiare tali provvedimenti. Ma al sud sembra che tali iniziative si risolvano, comunque, quale occasione di nuovi profitti solo per l'iniziativa privata senza produrre nuovo sviluppo e nuove occasioni di lavoro e senza dare risposte certe ai tanti giovani che non possono costituirsi neppure una famiglia per mancanza di una occupazione che possa durare nel tempo e tale da garantire un reddito sufficiente soprattutto ai bisogni delle giovani coppie.
Una cosa è certa: nel mezzogiorno si vive ogni giorno nella precarietà anche della propria vita a volte. Un disoccupato si sveglia al mattino senza obiettivi per il giorno, si sente inutile per la società che non lo ama e la depressione trova terreno fertile in lui.
La cronaca di matti che senza apparenti ragioni, vedi l'episodio odierno a Milano, cominciano a sparare sui bambini o sulla folla ha sempre riempito i giornali.
Spesso il tutto si risolve con l'uccisione dello sparatore o con il suo suicidio, come nel caso di Liotta ad Acicastello, e la verità non potrà mai raccontarcela chi è stato protagonista o ha assistito come spettatore all'avvenimento perchè quella che viene fuori dalla voce del popolo o dai malcapitati, loro malgrado coinvolti, sarà sempre una verità parziale ed imperfetta che non ci permetterà di capire i motivi che stanno alla base di tali gesti folli che non possono essere liquidati andando a scavare nel vissuto recente o passato di una persona che fino a qualche giorno prima girava per il suo paese e nessuno riteneva fosse un pazzo; altrimenti non si riesce a comprendere con quali motivazioni gli era stato rilasciato un porto d'arma e come mai nessuno avesse controllato e giustificato l'acquisto di tutto l'armamentario che gli è stato trovato in casa dopo la sua morte.
Per questi motivi ritengo che Liotta non fosse assolutamente pazzo. Un matto non si sopprime da sé perché l'istinto di conservazione è troppo forte in tali personaggi per indurli al suicidio.
Solo una persona razionale (o disperata) può decidere di togliersi la vita dopo un gesto inconsulto compiuto in un momento di furore a cui è seguita una forte componente razionale che gli ha fatto capire come deprecabile la sua azione al punto di non poter trovare giustificazione alcuna o consensi di sorta presso l'opinione pubblica. Da qui la sofferta decisione che non c'era altra strada da percorrere se voleva sottrarsi alla giustizia ed alla conseguente pena detentiva.
Ma una società democratica non può liquidare l'avvenimento lavandosene le mani o affidandolo alle interpretazioni più o meno morbose delle interviste televisive o delle analisi degli psicanalisti.
Il problema è sociale e come tale deve trovare risposte politiche individuando e ricercando le motivazione o le cause profonde nelle quali questa strage è maturata e dando risposte concrete per prevenire il ripetersi di analoghi eventi delittuosi in futuro.
E in una società nella quale la disperazione ha il sopravvento sulla speranza fatti analoghi potrebbero sicuramente ripetersi con il rischio di veder coinvolti nuovi innocenti, colpevoli soltanto di essere nati in una zona del paese la cui ricchezza principale è il sottosviluppo, la disoccupazione ed il disimpegno costante di tutti i governi che si sono succeduti dal dopo guerra ad oggi.

Santoro Salvatore Armando


Comune di ACICASTELLO

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