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Berlusconi: Reagiremo ... - giovedì 1 maggio 2003 at 00:11
Dura lettera del premier al "Foglio" dopo la sentenza Previti
"Non ammetteremo che si consumi un terzo scippo di sovranità"
Berlusconi: "Reagiremo contro i golpisti giustizialisti"

ROMA - Fermare i "golpisti" giustizialisti, i magistrati "politicizzati" che vogliono scegliersi i governi che preferiscono, impedire che dopo la caduta di Craxi, del primo governo Berlusconi "si consumi per la terza volta un furto di sovranità". Silvio Berlusconi prende carta e penna e scrive al "Foglio", giornale della moglie diretto dall'amico (e suo ex ministro) Giuliano Ferrara, per rilanciare con parole durissime la battaglia contro i nemici di sempre e riscrivere la storia politica dell'Italia dal 29 aprile 1993, giorno in cui il Parlamento diede l'autorizzazione a procedere contro Bettino Craxi fino ad arrivare alla sentenza di condanna di Cesare Previti. Ma Berlusconi promette: "Reagiremo per tempo".

"Dieci anni dopo ci riprovano" è la tesi che dovrebbe giustificare la necessità del violento atto d'accusa, e i soggetti sono sempre gli stessi. I "comunisti del Pds e del loro partito giudiziario". Ovvero coloro che imposero il "voto segreto" che portò all'autorizzazione a procedere contro Craxi, che "incardinarono con brutalità decisionale" la riforma che portò all'abolizione dell'immunità parlamentare. Eugenio Scalfari e Repubblica ("Il giornale dell'ingegner De Benedetti" dice Berlusconi) il braccio armato, necessario per fare pressione sui parlamentari chiamati a decidere su Craxi scatenando "un'opinione pubblica montata sugli scudi del gruppo editoriale debenedettiano e dei suoi amici per aprire a colpi d'ariete la porta alla reazione giustizialista, per distruggere la sovranità del Parlamento e instaurare la Repubblica delle procure. Nei mesi successivi questo e non altro accadde in Italia".

E la vittoria di Forza Italia riuscì ad impedire solo "brevemente il trionfo della barbarie giustizialista". Perché, continua Berlusconi, "le stesse forze procedettero poi al ribaltone, cacciando dal governo gli eletti del popolo, impedendo con alte complicità istituzionali che si tenessero nuove, libere elezioni, e instaurando per sei anni governi di minoranza, salvati da mille espedienti e inganni, contro i quali esercitammo come fu possibile la più ferma e leale delle opposizioni". Che poi fra i "governi degli inganni" ci sia anche quello in cui Carlo Azeglio Ciampi era ministro del Tesoro, Berlusconi - nella sua foga - non se ne cura.

Ancora brucia al premier "lo scippo di sovranità senza riparazione" imposta con un inchiesta giudiziaria "dalla quale chi le scrive fu assolto anni dopo". E per questo adesso avverte: "Dieci anni dopo ci riprovano". Ancora oggi, attraverso la condanna di Previti, "la gogna di un deputato di Forza Italia", vogliono "colpire le forze che hanno avuto il mandato di governare e rinnovare l'Italia. Il nostro dovere è quello di reagire e reagire per tempo".

Berlusconi non ha dubbi: "In una democrazia liberale i magistrati politicizzati non possono scegliersi, con una logica golpista, il governo che preferiscono. Questo diritto spetta agli elettori". Quanto agli eletti non possono che colpire duro quando le sentenze non gli vanno a genio. "E gli eletti - spiega Berlusconi - devono essere in grado, secondo la lezione costituzionalistica del '48, di discernere tra le inchieste giudiziarie valide, che riguardano un deputato o un senatore alla stregua di qualsiasi altro cittadino, e quelle frutto di prevenzione, parzialità ideologico-politica e sospette di spirito persecutorio".

Ed allora via agli squilli di guerra: "Questo è il nostro caso, e se il caso è questo suonano ipocriti gli appelli ad abbassare i toni. Bisogna alzare il tono della nostra democrazia, bloccare il nuovo ordito a maglie larghe del giustizialismo e impedire che si consumi per la terza volta un furto di sovranità. Ripristinando subito le immunità violate, battendosi per la libertà e la decenza".

(30 aprile 2003)

DOCUMENTO
Il testo integrale
della lettera al Foglio

ROMA - Il presidente del consiglio Silvio Berlusconi ha inviato a Giuliano Ferrara, direttore de "Il Foglio", che la pubblicherà domani, una lettera relativa alla sentenza sul caso Imi-Sir/Lodo. Ecco il testo della lettera.

"Caro direttore, scrivo a lei perché il suo giornale è stato l'unico a ricordare i due giorni terribili della democrazia italiana, il 29 e il 30 aprile del 1993. Il 29 aprile di dieci anni fa un uomo di Stato inviso agli ex comunisti del Pds e al loro 'partito giudiziario', Bettino Craxi, fu sottoposto al voto segreto della Camera dei deputati. Bisognava decidere se la richiesta di indagare su di lui e di processarlo, da parte del notorio pool milanese, fosse o no viziata dal sospetto di persecuzione politica. Nella libertà della loro coscienza, dunque a voto segreto, i deputati dissero che quel sospetto c'era e che Craxi andava sottratto a un'azione giudiziaria non onesta né imparziale.

Con procedura straordinaria ed emergenziale, per responsabilità politiche e istituzionali che sono ancor oggi sotto gli occhi di tutti coloro che non dimenticano le offese alle istituzioni democratiche, il voto segreto, da sempre l'ultimo scudo della libertà parlamentare nei voti su casi personali e di coscienza, fu abolito in pochi giorni. E fu incardinata con brutalità decisionale la riforma costituzionale che portò di lì a qualche mese all'abolizione dell'immunità parlamentare varata con la Costituzione repubblicana dai padri fondatori dell'Italia moderna. Il 30 aprile, esattamente dieci anni prima del giorno in cui le scrivo, fu aizzata dalla sinistra forcaiola, sotto la residenza privata di Craxi a Roma, una piazza urlante che, a colpi di insulti e monetine, rinverdì con altri mezzi il cupo ricordo di altri linciaggi.


Eugenio Scalfari, sul giornale dell'ingegner Carlo De Benedetti, scrisse il 30 aprile un articolo ispirato alla più devastante demagogia reazionaria, associandosi alla marmaglia e alle sue grida e lanciando la sua monetina: i parlamentari avrebbero dovuto secondo lui vergognarsi di quel voto libero e segreto, e un'opinione pubblica montata sugli scudi del gruppo editoriale debenedettiano e dei suoi amici avrebbe dovuto rovesciare quel voto per aprire a colpi d'ariete la porta alla reazione giustizialista, per distruggere la sovranità del Parlamento e instaurare la Repubblica delle procure.

Nei mesi successivi questo e non altro accadde in Italia, e solo la reazione democratica messa in campo dalla nascita di Forza Italia impedì provvisoriamente il trionfo della barbarie giustizialista, restituendo nell'anno del nostro primo governo di resistenza liberale la parola al popolo.

Le stesse forze procedettero poi al ribaltone, cacciando dal governo gli eletti del popolo, impedendo con alte complicità istituzionali che si tenessero nuove, libere elezioni, e instaurando per sei anni governi di minoranza, salvati da mille espedienti e inganni, contro i quali esercitammo come fu possibile la più ferma e leale delle opposizioni. E' da notare che il grilletto giudiziario del ribaltone fu un'inchiesta per tangenti dalla quale chi le scrive fu assolto per non aver commesso il fatto anni dopo. Ma fu uno scippo di sovranità senza riparazione, tanto è vero che alla prima occasione una maggioranza vera di italiani onesti ci ridiede, nel maggio del 2001, quel che con questi metodi ci era e gli era stato rubato: una vera democrazia dell'alternanza.

Dieci anni dopo ci riprovano. La sentenza Previti, ancora sub judice per la mancata attesa della pronuncia della Corte di cassazione sulla ricusazione del collegio giudicante, è caduta esattamente nel decimo anniversario della giornata più nera della democrazia italiana. Il suo obiettivo non è fare giustizia, come dimostra tutto l'andamento del dibattimento e la violenza con cui è stata costruita la gogna per un deputato di Forza Italia, ma quella di colpire le forze che hanno avuto il mandato di governare e rinnovare l'Italia secondo principi di democrazia liberale corrosi in quegli anni di faziosità che tanti danni hanno fatto a questo nostro paese. Il nostro dovere è dunque quello di reagire, e di reagire per tempo.

Confermo, caro direttore. In una democrazia liberale i magistrati politicizzati non possono scegliersi, con una logica golpista, il governo che preferiscono. Questo diritto spetta agli elettori. E gli eletti devono essere in grado, secondo la lezione costituzionalistica del '48, di discernere tra le inchieste giudiziarie valide, che riguardano un deputato o un senatore alla stregua di qualsiasi altro cittadino, e quelle frutto di prevenzione, parzialità ideologico-politica e sospette di spirito persecutorio. Questo è il nostro caso, e se il caso è questo suonano ipocriti gli appelli ad abbassare i toni. Bisogna alzare il tono della nostra democrazia, bloccare il nuovo ordito a maglie larghe del giustizialismo e impedire che si consumi per la terza volta un furto di sovranità. Ripristinando subito le immunità violate, battendosi per la libertà e la decenza. Cordialmente. Silvio Berlusconi".

(30 aprile 2003)


Fonte: La Repubblica online

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