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La guerra è inutile contro il terrorismo - domenica 13 aprile 2003 at 11:33
Intervista a Gilberto Gill, ministro della cultura brasiliano
«La guerra è inutile contro il terrorismo»

Firenze - nostro servizio
Aquele abraço è la canzone che ha fatto innamorare milioni di persone. In Brasile e in tutto il mondo. Anche per questo trovarsi di fronte Gilberto Gil - il ministro della cultura Gilberto Gil - in giacca e cravatta nella Sala dei Gigli degli Uffizi fa un certo effetto. Almeno al sottoscritto.
L'ultima volta che l'avevo incontrato era stato a Brasilia, durante la cerimonia della posse, l'investitura di Luiz Inácio da Silva, ai più noto semplicemente come Lula. Era il primo gennaio di quest'anno. «Gilbertooooooo Giiiiil». Lo speaker ufficiale lo aveva introdotto neanche fossimo stati al Madison Square Garden, prima di un mondiale fra Tyson e Holyfield. Lui era emozionatissimo.

A Firenze, invece, il sindaco Leonardo Domenici lo presenta come il ministro della cultura del Brasile, in visita ufficiale nella capitale toscana per donare agli Uffizi un autoritratto di João Cámara, il maggiore pittore verde-oro vivente. Toni sobri, gran galà, nessuno spazio per l'imprecisione. Del resto una cerimonia ufficiale non è un palcoscenico, dove l'imprevisto è sempre dietro l'angolo, sia esso un acquazzone tropicale o un pubblico troppo scatenato. Per questo il Gil fiorentino è tranquillo e, rispetto a quel primo gennaio, sembra persino meno nero nel suo completo scuro. Impeccabile.

«Vedere il museo archeologico di Baghdad saccheggiato? Mi ha causato molto dolore - risponde - così come vedere tanta gente che in Iraq soffre. Le vittime civili, i cosiddetti danni collaterali, e adesso opere antiche di valore inestimabile che rischiano di essere perse per sempre. È una guerra terribile. È un danno per l'umanità, perché la cultura è patrimonio comune di ogni essere umano».


Assieme a Chirac, Lula è stato l'unico capo di stato ad aver scritto una lettera ufficiale al Papa. Un atto contro la guerra?

In Brasile il governo ha appoggiato la volontà della nostra gente e di quasi tutti i popoli della terra, che sono contrari alla risoluzione delle controversie attraverso uno strumento terribile come la guerra. Anche per spodestare una tirannide come quella di Saddam. Per questo il mio giudizio è molto netto: non credo che per combattere il terrorismo internazionale le bombe siano il modo giusto.


Perché, a suo avviso, Lula ha scelto lei come ministro della cultura?

Scegliere me ha significato scegliere un uomo del popolo, proprio come lui. Una scelta pratica ma anche simbolica. Perché sono uno che s'è impegnato per il sogno di una generazione: cambiare il Brasile. Sono un bahiano meticcio impegnato nei movimenti della sua gente. Un artista nato dalle terre più generose della nostra cultura popolare, uno che non ha mai messo da parte il fascino e la sfida del nuovo. E proprio per questo ho tra i miei obiettivi prioritari quello di eliminare la distanza che oggi divide il ministero della cultura dalla quotidianità della gente.


Cosa ha rappresentato la vittoria di Lula in Brasile?

L'elezione di Luiz Inácio Lula da Silva è stata la manifestazione più eloquente della necessità di un rapido cambiamento. Non un cambiamento superficiale o solo formale, bensì strategico ed essenziale. Un cambiamento che s'introduce nella parte più intima del corpo e dello spirito del Brasile. Io interpreto così il segnale che hanno dato i brasiliani, attraverso la consacrazione popolare di Lula, un lavoratore, un uomo profondo e semplice, che parla chiaro, un brasiliano identificato da ognuno di noi come un suo pari. Come un suo compagno.


Quando dico cultura, Gil a che cosa pensa?

Per me la cultura va molto al di là dell'ambito stringente delle concezioni accademiche, o dei riti di un'ipotetica "classe artistica e intellettuale". La cultura non è solo una "sorta d'ignoranza che caratterizza gli studiosi", né solo ciò che si produce nell'ambito delle forme canoniche stabilite dai codici occidentali, con tutte le loro discutibili gerarchie. Parimenti nessuno mi sentirà pronunciare qui la parola "folklore". I legami tra il concetto erudito di "folklore" e la discriminazione culturale sono stretti più che mai. Sono intimi. "Folklore" è considerato tutto ciò che non inquadrandosi (per la sua storia) nel panorama della cultura di massa è prodotto da gente incolta, da "primitivi contemporanei". Non esiste il "folklore". Esiste la cultura. Cultura è tutto ciò che si manifesta al di là del suo mero valore d'uso; è la fabbrica dei simboli di un popolo; è l'insieme dei segnali di ogni comunità e di tutto il paese. Cultura è il significato dei nostri gesti, la sua sommatoria.


Torniamo alla difficile situazione internazionale. Quale può essere il ruolo del Brasile?

Assieme al ministero degli esteri dobbiamo pensare, modellare e reinserire l'immagine del Brasile nel mondo. Dobbiamo posizionarci strategicamente nel campo magnetico del governo Lula, puntando sull'affermazione sovrana del nostro paese sullo scenario internazionale. E, soprattutto, dobbiamo sapere quale messaggio il Brasile deve dare al mondo, in quanto esempio di convivenza di opposti e d'attenzione per il diverso. In un momento in cui a livello planetario si fanno discorsi feroci e si brandiscono stendardi di guerra, noi siamo perfettamente consapevoli del fatto che le guerre sono mosse, quasi sempre, da interessi economici. Ma non solo. Le guerre nascono anche negli anfratti del fanatismo e dell'intolleranza. E, su questi temi, il Brasile può insegnare molto. Sì, con la sua realtà permanentemente sincretica e transculturale, il Brasile ha delle lezioni da dare sulla pace. E su parecchi altri temi d'attualità.


Che ministro della cultura sarà Gilberto Gil?

Agirò all'insegna dei principi, delle linee guida e degli obiettivi del progetto di cambiamento di cui oggi Lula è l'incarnazione più vera e profonda. Con la consapevolezza delle nostre necessità e ricercando un nuovo inserimento del Brasile nel mondo. E per sperimentare strade nuove e alternative ci sarà lo spazio che deriva dall'apertura alla creatività popolare e ai nuovi linguaggi, dalla disponibilità per l'avventura e il coraggio. Dalla memoria e dall'inventiva.
Paolo Manzo

Fonte: Liberazione online

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