O la borsa o la vita! L'aut-aut del governo ai pensionandi
Credo siano molti gli Italiani che abbiano inteso il lavoro come una possibilità di affermazione ma anche di emancipazione da una forma di sudditanza nella quale i loro nonni e genitori (specie al sud) erano costretti a vivere nel dopoguerra: l'indebitamento. Ma l'aut-aut dinanzi a cui il governo e i sindacati stanno ponendo i pensionandi è mefistofelica per non dire yahweica, perché tenta di riportarli a quel tempo di stenti e forse ancora più indietro. Possiamo riassumere quella scelta diabolica così: - Se volete riottenere tutto quello che avete già versato in quarant'anni di lavoro dovete pagare una penale. Non a noi, ovviamente, ma alle banche, alle assicurazioni. Se però non intendete pagare, allora sappiate che, grazie alla crudele legge Fornero, vi allungheremo il tempo di lavoro rendendovelo più pesante e più logorante. La qual cosa andrebbe ancora a nostro vantaggio, perché così facendo aumentano le probabilità di una vostra morte prematura e noi non vi daremo più lo stesso quello che per diritto vi spetterebbe. A voi la scelta. - Per rendere la medicina meno amara, si dice poi che questa assurda decisione riguarderebbe quei lavoratori che, per sfinitezza, vorrebbero anticipare il loro pensionamento. Ma non si tratta affatto di lasciare il lavoro "prima del tempo". Si tratta piuttosto per molti di lasciare il lavoro "per tempo", solo che il loro tempo d'uscita è stato allungato dalla spietata legge Fornero. Non ci vuole molto a capire questo raggiro, questa tresca, simile peraltro a quella contro cui scagliò le sue ire Martin Lutero. Si profila così per gli Italiani, come si può intuire, un nuovo medioevo, una neo-rifeudalizzazione, una neo-restaurazione, un destino di massa dannata e condannata a pagare un debito, una colpa e una pena inestinguibili. Giacché si tramanderebbe di generazione in generazione. Qui si sta cercando insomma di trasformare subdolamente uno Stato di diritto in uno Stato assistenziale. E più che un giusto riconoscimento del così tanto sbandierato merito si propone una ingiusta redistribuzione del debito. Si sta tentando di nuovo, come al tempo della Grexit, di associare (come fanno i Tedeschi con la parola "Grundschuld") il debito alla colpa, di mettere cioè in relazione reciproca l'indebitamento con la colpevolizzazione. A questa infondata associazione di idee rimanda il concetto di "penalizzazione", più volte utilizzato in merito alla questione delle pensioni. Ma se c'è una "colpa fondamentale" questa non può essere attribuita ai lavoratori, ossia a coloro che hanno già pagato tutto il loro debito allo Stato, hanno già adempiuto pienamente e inderogabilmente, secondo l'articolo 2 della Costituzione, il loro dovere di solidarietà economica e fiscale; hanno già cioè concorso, come recita inoltre l'articolo 53, «alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva», e anche di più. A fronte di ciò, se c'è qualcuno a cui attribuire un debito, una mancanza, una colpa, una mancanza di pudore, di serietà e di senso della responsabilità (anche solo per provare ad assolvere le banche dalle loro evidenti responsabilità rispetto all'attuale crisi), non possono essere altri che coloro che hanno avuto la sfrontatezza di proporre, ma anche solo si sostenere e condividere, l'indecente proposta di cui sopra. (Franco Di Giorgi - 19 giugno 2016)
PS. Questo articolo in forma accorciata è uscito qualche settimana fa come lettera anche sul Manifesto
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