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 Risposta a Umberto Galimberti sulla scuola
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Umberto Galimberti

Articolo di Umberto Galimberti: solo chi crede nella scuola può cambiarla

Risposta a Umberto Galimberti sulla scuola [A DIFESA DELLA SCUOLA]

Inserti come D la Repubblica (esce il sabato) generalmente si lasciano dal giornalaio oppure una volta acquistati si gettano via senza neanche togliere il cellofan che avvolge, al costo di 40 centesimi in più, 300 pagine di cui il 90% di pura pubblicità. Il rimanente 10% è fatto di interessanti articoli di attualità con nomi importanti quali Aspesi, Zucconi, Rampini, Galimberti. Alla riflessione di quest'ultimo - emerito psicanalista e filosofo - l'inserto riserva l'ultima pagina, una scheda nella quale egli risponde alle domande dei lettori. Ebbene, prima di liberarci di quella ponderosa rivista (dall'odore sgradevole) diamo sempre un'occhiata alla scheda di Galimberti. Sabato scorso, 20 settembre, egli ha risposto a un insegnante che, come tanti altri in questo periodo, esprimeva le sue motivate perplessità nei confronti del recente disegno di legge sull'Istruzione. I motivi erano sostanzialmente tre: 1. la sostituzione dei docenti assenti con altri colleghi interni (e non con precari) a prescindere dalle discipline insegnate; 2. l'apertura delle scuole anche al pomeriggio, se non fino alla sera (a fronte però della insufficiente copertura finanziaria che non consente affatto questo tipo di servizio o di 'tempo prolungato'); 3. l'estensione del lavoro sino a fine giugno (non tenendo conto però del disagio che il caldo comporta nella didattica). In sintesi riportiamo le risposte di Galimberti: 1. Trova naturale (sic!) che gli insegnanti assenti vengano sostituiti da altri insegnanti: basta amare la propria professione e non lasciarsi deviare da idee sindacal-contrattuali, perché la posta in gioco è «l'educazione dei giovani». 2. Sul prolungamento dell'orario trova di nuovo naturale che un insegnante viva a scuola: corregga i compiti, incontri e segua bene gli studenti, anche perché, sostiene, tutti gli altri lavoratori fanno 36 ore settimanali e gli insegnanti invece solo 18. I bidelli? Inutili. Tutti i loro lavori (come pulire i cessi, tagliare l'erba e dare il bianco nelle aule) possono essere svolti dagli studenti, dai loro genitori, dai nonni e, naturalmente, perché no? dai docenti. 3. Quanto al caldo - e che diamine! basta l'entusiasmo e la passione degli insegnanti a rinfrescare l'aria nelle classi di 30 alunni, durante la sesta ora di lezione, dalle 13 alle 14, a fine giugno. Certo, in questo periodo di crisi economica, di recessione e di deflazione la richiesta di restrizioni, di spremiture e di sacrifici da parte del governo sembra «del tutto naturale» a molti Italiani 'lungimiranti' come il signor Tugnoli (si vedano le lettere a Repubblica del 10 e dell'11 settembre). Ma da un intellettuale come Umberto Galimberti non ci saremmo mai aspettati una simile 'lungimiranza'. Ciò detto, un fatto, a quanto pare, resta comunque assodato: né il Ministero - come afferma il docente, a cui anche il filosofo non ha voluto risparmiare il suo saggio rimprovero - né lo stesso Galimberti sanno «che cosa sia una scuola». Ora, se, come suona il titolo della risposta del sapiente al docente, «solo chi crede nella scuola può cambiarla», e se malgrado i diversi tentativi fin qui compiuti, la scuola non cambia o cambia in peggio, ciò forse significa che gli insegnanti non credono nella scuola? Ci sembrerebbe alquanto ingiusta una simile conclusione. Galimberti sappia piuttosto che se oggi l'immenso baraccone della scuola pubblica sta su - perché purtroppo di questo oggi si tratta -, malgrado la brutta aria che tira contro di esso da circa vent'anni, questo lo si deve proprio agli insegnanti (a tutti gli insegnanti, specialmente ai precari), nei quali la passione, l'entusiasmo e persino la tenacia certo non mancano (nonostante la continua dequalificazione, non solo economica), ma vengono vieppiù smorzate sia dall'azione miope e disorientante della politica sia da interventi sconcertanti come il suo.

Ivrea, 21 settembre 2014

Franco Di Giorgi



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