Caro Mimmo, con un po’ di ritardo, mi permetto di dare la mia modesta impressione sulla tua opera di recente pubblicazione. E’ vero, avevo letto un po' sulla vita e le opere del filosofo Pier Giovanni Salimbeni ed ero convinto di saperne abbastanza. Poi è venuto fuori il tuo libro, e confesso che avevo iniziato a sfogliarlo con superficialità, perché convinto che non avrebbe aggiunto molto alle mie conoscenze. Mi sbagliavo, perché come andavo avanti nella lettura, mi accorgevo che tantissime notizie sulle opere e sulla vita erano da me sconosciute. E’ stata anche interessante la prima parte, dove hai raccontato la storia del Regno di Napoli nel periodo in cui il nostro illustre paesano frequentava la città e l’illustrazione dei personaggi che Lui ha frequentato. Per quanto riguarda le opere, devo confessare che io avevo letto soltanto una buona parte del “ Rabbino”, quindi, grazie a te, ho potuto apprezzare la parte interessante dell’Ulissea e, cosa molto importante, la notizia che “Lo scudo di Enea non è un testo a se stante ma è contenuta nell’Ulissea di Omero. Un complimento vivissimo devo farti perché fino ad ora ero convinto che le ricerche storiche venivano fatte soltanto tra la polvere e le ragnatele degli archivi. Tu invece ci dimostri, con grande bravura, che tutto ciò che i nostri amici concittadini Tripodi e Romanò hanno fatto girando per gli archivi d’Italia, tu l’hai saputo fare, naturalmente ai tempi d’oggi, seduto davanti al computer. Per quanto riguarda la tua scelta di soffermarti molto sulla parte del Rabbino, riguardante la morte del figlio, è una scelta importante perché ci ha fatto capire il dramma che ha vissuto il Filosofo e i segni che la tragedia ha lasciato nel prosieguo della sua vita. Forse, dato che riguardavano la storia del nostro paese, sarebbe stato interessante inserire anche la descrizione dei danni che il terremoto ha causato alla nostra comunità e l’ottava del canto X, che descrive la processione che gli Arenesi stavano facendo, con la reliquia della Sacra Spina e che sono stati colti, con conseguenze mortali, dalla seconda scossa di terremoto, proprio quando, affacciati dal colle, osservavano le rovine che il sisma aveva causato a Dasà. Sicuramente hai tralasciato queste parti perchè sono già state trattate dal prof. Romano'. Volevo raccontarti un episodio riguardante la descrizione che fa il Salimbeni, della distruzione della sua “ valle Sabina” e della spiegazione che dà il Romano’ nel libro “ Domestici Lari”. Non si riusciva a capire il significato del “giardin di Cosenza” tant’è che si pensava, ed il Romano’ l’ha scritto nel libro, che possedesse un orto a Cosenza. Dopo la pubblicazione del suo libro, parlando in piazza con le persone ormai scomparse e che per noi erano memoria storica, abbiamo saputo finalmente che quel Cosenza non era la città capoluogo ma un rione del paese, allora adiacente alla sponda del fiume e precisamente dove io adesso coltivo il mio orto, ( chissà che non è lo stesso orto della valle Sabina del Salimbeni). Ed ora una notizia che molto probabilmente tu non sai e non sapeva nemmeno il Romano’: a Dasà, nella Quaresima, si cantano due versioni della Via Crucis: Quella del Metastasio: nella Parrocchia e all’altare della Confraternita del Rosario; nella Chiesa dell’Immacolata invece si canta la Via Crucis attribuita a Pier Giovanni Salimbeni. L’attribuzione è avvalorata, secondo me, anche da una nota del Tripodi,inserita in un libricino della Confraternita, dove afferma che la Via Crucis è stata impiantata la prima domenica di Quaresima dell’anno 1777, periodo in cui ha vissuto il Salimbeni. Per tua conoscenza te ne invio una copia sulla tua posta. Ora permettimi di fare una riflessione che ho fatto verbalmente anche a Romano’, durante le nostre passeggiate serali: il nostro paese ha avuto uomini illustri e di cultura, oltre al Salimbeni, possiamo citare i fratelli Calcaterra, il prof. Inzitari ed altri ancora. Mi domando come mai non si sono interessati a scrivere e a tramandarci la storia del nostro paese, a quei tempi sono sicuro che esisteva materiale sufficiente per farlo. Purtroppo le nostre conoscenze storiche, forse anche per colpa loro, si fermano a qualche atto notarile della seconda metà del 1400; e prima? Questo è quanto ci tenevo a dirti. Spero di aver espresso in modo chiaro il mio pensiero e ti rinnovo i complimenti di vero cuore, oltre ad un grazie sentito per aver contribuito a mettere in luce ancora di più un personaggio importante che ha dato lustro alla nostra comunità. Alla prossima con un affettuoso saluto. Peppi Giogà.
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Caro Mimmo, con un po’ di ritardo, mi permetto di dare la mia modesta impressione sulla tua opera di recente pubblicazione. E’ vero, avevo letto un po' sulla vita e le opere del filosofo Pier Giovanni Salimbeni ed ero convinto di saperne abbastanza. Poi è venuto fuori il tuo libro, e confesso che avevo iniziato a sfogliarlo con superficialità, perché convinto che non avrebbe aggiunto molto alle mie conoscenze. Mi sbagliavo, perché come andavo avanti nella lettura, mi accorgevo che tantissime notizie sulle opere e sulla vita erano da me sconosciute. E’ stata anche interessante la prima parte, dove hai raccontato la storia del Regno di Napoli nel periodo in cui il nostro illustre paesano frequentava la città e l’illustrazione dei personaggi che Lui ha frequentato. Per quanto riguarda le opere, devo confessare che io avevo letto soltanto una buona parte del “ Rabbino”, quindi, grazie a te, ho potuto apprezzare la parte interessante dell’Ulissea e, cosa molto importante, la notizia che “Lo scudo di Enea non è un testo a se stante ma è contenuta nell’Ulissea di Omero. Un complimento vivissimo devo farti perché fino ad ora ero convinto che le ricerche storiche venivano fatte soltanto tra la polvere e le ragnatele degli archivi. Tu invece ci dimostri, con grande bravura, che tutto ciò che i nostri amici concittadini Tripodi e Romanò hanno fatto girando per gli archivi d’Italia, tu l’hai saputo fare, naturalmente ai tempi d’oggi, seduto davanti al computer. Per quanto riguarda la tua scelta di soffermarti molto sulla parte del Rabbino, riguardante la morte del figlio, è una scelta importante perché ci ha fatto capire il dramma che ha vissuto il Filosofo e i segni che la tragedia ha lasciato nel prosieguo della sua vita. Forse, dato che riguardavano la storia del nostro paese, sarebbe stato interessante inserire anche la descrizione dei danni che il terremoto ha causato alla nostra comunità e l’ottava del canto X, che descrive la processione che gli Arenesi stavano facendo, con la reliquia della Sacra Spina e che sono stati colti, con conseguenze mortali, dalla seconda scossa di terremoto, proprio quando, affacciati dal colle, osservavano le rovine che il sisma aveva causato a Dasà. Sicuramente hai tralasciato queste parti perchè sono già state trattate dal prof. Romano'. Volevo raccontarti un episodio riguardante la descrizione che fa il Salimbeni, della distruzione della sua “ valle Sabina” e della spiegazione che dà il Romano’ nel libro “ Domestici Lari”. Non si riusciva a capire il significato del “giardin di Cosenza” tant’è che si pensava, ed il Romano’ l’ha scritto nel libro, che possedesse un orto a Cosenza. Dopo la pubblicazione del suo libro, parlando in piazza con le persone ormai scomparse e che per noi erano memoria storica, abbiamo saputo finalmente che quel Cosenza non era la città capoluogo ma un rione del paese, allora adiacente alla sponda del fiume e precisamente dove io adesso coltivo il mio orto, ( chissà che non è lo stesso orto della valle Sabina del Salimbeni). Ed ora una notizia che molto probabilmente tu non sai e non sapeva nemmeno il Romano’: a Dasà, nella Quaresima, si cantano due versioni della Via Crucis: Quella del Metastasio: nella Parrocchia e all’altare della Confraternita del Rosario; nella Chiesa dell’Immacolata invece si canta la Via Crucis attribuita a Pier Giovanni Salimbeni. L’attribuzione è avvalorata, secondo me, anche da una nota del Tripodi,inserita in un libricino della Confraternita, dove afferma che la Via Crucis è stata impiantata la prima domenica di Quaresima dell’anno 1777, periodo in cui ha vissuto il Salimbeni. Per tua conoscenza te ne invio una copia sulla tua posta. Ora permettimi di fare una riflessione che ho fatto verbalmente anche a Romano’, durante le nostre passeggiate serali: il nostro paese ha avuto uomini illustri e di cultura, oltre al Salimbeni, possiamo citare i fratelli Calcaterra, il prof. Inzitari ed altri ancora. Mi domando come mai non si sono interessati a scrivere e a tramandarci la storia del nostro paese, a quei tempi sono sicuro che esisteva materiale sufficiente per farlo. Purtroppo le nostre conoscenze storiche, forse anche per colpa loro, si fermano a qualche atto notarile della seconda metà del 1400; e prima? Questo è quanto ci tenevo a dirti. Spero di aver espresso in modo chiaro il mio pensiero e ti rinnovo i complimenti di vero cuore, oltre ad un grazie sentito per aver contribuito a mettere in luce ancora di più un personaggio importante che ha dato lustro alla nostra comunità. Alla prossima con un affettuoso saluto. Peppi Giogà.
Per ascoltare la recensione di Peppi Giogà letta da Patricia: