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C O N T R O L L A    D I S C U S S I O N E
mimc Inviato - 12/07/2003 : 02:12:40
Il lato oscuro degli aiuti umanitari
La rapina compassionevole dell'Occidente

Appena dieci anni fa le strade africane erano vivacizzate dalle stoffe colorate degli abiti tradizionali. Oggi il tono monocromatico degli vestiti occidentali colpisce i visitatori. L'Africa è stata letteralmente invasa dall'usato dell'Occidente: magliette e pantaloni di seconda mano hanno sostituito i geometrici disegni locali. Dietro a questa semplice constatazione si nasconde un dramma che ha poco a che fare con l'estetica: la rovina, praticamente in ogni paese del continente, di tutti quelli che partecipavano alla filiera tessile, dai coltivatori di cotone ai sarti che confezionavano i vestiti.
Niente è più difficile da incrinare della fede occidentale negli aiuti. Regalare vestiti usati si sposa perfettamente sia col dettato evangelico che con l'intuitiva certezza morale che, dando una mano, non si fa mai male. In perfetta buona fede, e talvolta al prezzo di profondi sacrifici personali, migliaia di volontari cercano di prestare soccorso agli esseri umani più sfortunati del pianeta. Certo, una volta alle prese con le terribili realtà di alcuni paesi, devono fare i conti con la consapevolezza di combattere una battaglia disperata: arginare con una medicina e con un piatto di riso un dissesto sociale ed economico di proporzioni bibliche. Ma si tratta di un dissesto che raramente ha cause naturali e al quale hanno contribuito gli stessi paesi che elargiscono aiuti.

Sono decenni che l'Occidente impone ai paesi poveri le proprie ricette economiche. I paesi africani sono stati costretti a smantellare i propri servizi sanitari, a licenziare i propri dipendenti pubblici e poi, in nome del libero mercato, ad aprire ai prodotti occidentali che, sostenuti dai propri governi, hanno sbaragliato la competizione locale. Si tratta di una strategia efficiente e implacabile che, in un continente ancora prevalentemente agricolo, è arrivata a mettere a repentaglio la sussistenza alimentare. Per capire come funziona basta ricordare come si è giunti alla situazione dell'Etiopia, dove circa 12 milioni di persone rischiano di morire di fame.

La carestia etiope non ha niente di naturale. Come ammette l'iperliberista Wall Street Journal è frutto della pressione operata dalle agenzie d'aiuto internazionali, controllate dai governi occidentali, che hanno spinto il governo etiope a eliminare il contributo statale nel settore agricolo. Sulle prime non sembrava rischioso perché, negli anni '90, l'Etiopia produceva 11 milioni di tonnellate di grano l'anno, toccando i 13 milioni fra il 2000 e il 2001. Ma una volta eliminato il controllo statale delle tariffe, la sovrapproduzione ha cominciato a penalizzare gli agricoltori che, allarmati dal crollo dei prezzi, hanno ridotto le coltivazioni. A quel punto l'ondata degli aiuti alimentari, gestiti soprattutto dall'Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale (Usaid), hanno dato la mazzata finale ed innescato la carestia.

La carestia etiope è un esempio di come gli aiuti possano essere utilizzati, dagli stati, come un'efficace strumento di colonizzazione economica. Le donazioni alimentari di Usaid consistono prevalentemente nelle eccedenze statunitensi, naturali o biotecnologiche. Ma i prodotti vengono raramente acquistati sul mercato locale anche dalle più imparziali agenzie delle Nazioni Unite, una misura che potrebbe frenare l'effetto dumping e rivitalizzare il mercato locale. Non ci vuole un genio per capire che distribuire cibo gratis rovina chi, producendo cibo, cerca di campare.

Ma la politica degli aiuti, sposata entusiasticamente da tutti i governi occidentali e da tutte le amministrazioni - con i suoi soldi virtuali Bush non fa che scimmiottare Clinton - ha il merito deviare l'attenzione dalla rapina che continua, implacabile, dai tempi in cui si travestiva da "missione civilizzatrice". Chi ha provato a fare una stima, come Oxfam, ha registrato un flusso impressionante di denaro che, dal sud del mondo, entra nelle casse e alimenta il benessere del nord. Senza menzionare il debito, se le materie prime venissero pagate secondo il loro giusto valore, se agli stati venisse lasciata la possibilità di perseguire una strategia nazionale in ambito economico e sociale, insieme alla possibilità di vendere i propri prodotti sul nostro mercato, come noi li vendiamo a loro, in breve tempo non ci sarebbe nessuno da aiutare. E il "fardello dell'uomo bianco" risulterebbe improvvisamente molto più leggero.

Sabina Morandi

Fonte: http://www.liberazione.it




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