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 Tomba d'acqua per più di duecento migranti

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C O N T R O L L A    D I S C U S S I O N E
mimc Inviato - 22/06/2003 : 00:23:56
Tomba d'acqua per duecento immigrati. Poche speranze per i dispersi di venerdì
di Enrico Fierro

Continuano, ma con mezzi ridotti, le ricerche dei circa 200 dispersi della «nave dei disperati». C'è vento, mare, e le condizioni meteo vanno peggiorando. Poi, dopo 36 ore le speranze di ritrovare qualcuno ancora in vita sono praticamente nulle. Così ora si cercano solo cadaveri e ieri sera le tre vedette della guardia costiera e della marina impegnate nella zona sono tornate in porto. Si conclude così questa ennesima, triste, vicenda di povertà e speranza, con un bilancio ufficiale 41 naufraghi salvati, 12 cadaveri recuperati e 197 dispersi, i cui corpi fra giorni verranno ritrovati sulle lunghe spiagge del golfo di Gabes, o finiranno nelle reti di qualche pescatore.

Il grande golfo di Gabes, a sud dell'importante porto industriale di Sfax, tra le isole Kerkennah a nord e la piatta Djerba a sud. È lì che le correnti spingono sempre i resti della moltitudine che in cerca di una vita migliore trova la morte attraversandone le acque, in direzione di Malta o dell’Italia. E tutti i giorni, ormai da molto tempo, uno o due cadaveri vengono restituiti dal mare, secondo quanto raccontano i pescatori del luogo.

Sono i clandestini più poveri, quelli che vengono dai paesi dell'Africa subsahariana. Arrivano in vista del mare, si fermano a Nalut, villaggio libico vicino al confine con la Tunisia (dove tra l'altro sono mal sopportati dalla popolazione locale) oppure aspettano in improvvisati accampamenti fuori dai centri abitati il giorno in cui potranno partire. E per partire sono disposti a salire praticamente su qualsiasi cosa galleggi.

«Era una barca in condizioni pessime, e sovraccarica», hanno raccontato alcuni dei 41 sopravvissuti a questa ultima tragedia. Tra loro - quasi tutti di un'età stimabile tra i 18 e i 30 anni - anche quattro donne, una delle quali aspetta un bambino. Vengono dal Mali, dal Ghana, dalla Liberia, da Somalia, Egitto. Ci sono pure un marocchino e un tunisino.

Sono partiti alle sei del mattino di giovedì dalla spiaggia di Zouara (Libia) diretti a nord, verso l'Italia. «Avevamo pagato tutti ai nostri “passeurs” in Libia dai 500 agli 800 dollari - dice uno di loro - Eravamo in tanti sulla barca, che quasi subito ha cominciato a imbarcare acqua, noi cercavamo di toglierla, ma poi, a un certo punto, la barca si è rovesciata ed è colata a picco». «Quando è affondata - aggiungono - sarà stata l’una del mattino di venerdì. Abbiamo nuotato per cinque ore prima di essere salvati». La nuova, forte ondata di immigrazione clandestina dal Nord Africa verso l'Europa, trova nell'Italia il suo ponte naturale. L'Italia è così vicina.

Prima, quando ad arrivare erano soprattutto maghrebini, le barche - veloci motoscafi con motori potenti - partivano quasi sempre dal nord della Tunisia. Avevano a bordo una decina, al massimo quindici clandestini. In un paio d'ore dalla penisola di Cap Bon, si era a Lampedusa. La merce umana veniva scaricata in una baia, su una spiaggia, e poi si tornava. C'erano buone possibilità di farla franca.

Ora quei motoscafi sono in secco, «ostentatamente in secco» dice qualcuno. Coperti da teli di plastica e in qualche caso con i motori smontati. Ora le barche partono da luoghi più a sud, da qualche spiaggia libica. Sono barche vecchie, lente, e cariche all'inverosimile. Se non affondano, e spesso affondano, non possono comunque sfuggire ai controlli della guardia costiera. Eppure partono lo stesso, con Tripoli che chiude gli occhi, e la Tunisia che essendo un traffico che passa fuori dalle sue acque territoriali, interviene solo per portare aiuto ai naufraghi. Un bel gesto, ma tardivo.

Approdano in 107 a Lampedusa, e beffano il padano Borghezio di Marzio Tristano
Fonte: http://www.unita.it

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